Il ballo delle pazze l’esordio letterario di Victoria Mas

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Parigi fine ‘800: il ballo in maschera di mezza quaresima all’ospedale della Salpêtrière dove mascherarsi fa cadere le maschere.

Il ballo delle pazze (edizioni e/o) è il primo romanzo della sceneggiatrice francese Victoria Mas, un esordio letterario pungente e tenero, breve ma denso, che apre gli occhi su un pezzo di storia al femminile.

Corridoi immensi, imponenti finestre e porte chiuse a chiave. Odori  penetranti, e gli sguardi altrettanto. È la Salpêtrière di fine ‘800, il famoso ospedale psichiatrico diretto da Charcot, uno dei maestri di Freud. Anche se non più tenute in catene come nel ‘600, le “alienate” vengono sorvegliate costantemente e private di ogni contatto col mondo esterno. Sono curate con l’ipnosi, spesso in sedute collettive, davanti a un pubblico esclusivamente maschile di medici e intellettuali, con tecniche spinte all’estremo e incuranti della loro sensibilità, talvolta con conseguenze fisiche notevoli. E non solo in nome della sperimentazione e dello studio; Mas infatti pone abilmente l’accento su quanto fosse forte la ricerca della spettacolarità e della oggettivazione della femmina: le donne erano sul palco, il loro corpo era sul palco, di fronte a una platea maschile curiosa, attratta e spaventata. Come in uno zoo.

il ballo delle pazze - victoria masE proprio come allo zoo, alla Salpêtrière chi entra poi non esce più, salvo in rari, eccezionali casi. Come quello di Jeanne Beaudon, giovane diciassettenne che aveva cercato la morte nella Senna pur di fuggire dalle botte di una madre sola e alcolizzata, e che una volta uscita va a vivere proprio in quel quartiere parigino «dove si incontrano e si ispirano cervelli all’avanguardia», dopo aver trovato la salvezza nella danza coltivata proprio alla Salpêtrière, nel reparto di Charcot. Jeanne si guadagna da vivere ballando nei bistrot per gli uomini, gioca a carte come gli uomini, fuma come gli uomini, ma divide il suo appartamento, e la sua vita, con sole donne.
Per il resto, la Salpêtrière è fatta di donne “scomode”, che vi entrano e vivono lì la loro non-vita, perché così era sempre stato: «Alla Salpêtrière– scrive Mas – finivano le persone che Parigi non sapeva gestire, cioè i malati e le donne». 

L’unico esperimento capace di donare loro un po’ di leggerezza e al contempo uno scopo, è il ballo in maschera di mezza quaresima, dove la Parigi dei benestanti può incontrare le pazienti dell’ospedale e ondeggiare con loro all’unisono, per una volta, in un valzer di stupore. Durante il ballo le pazienti sono sì ancora oggetto di intrattenimento della borghesia parigina, ma sono anche protagoniste, in una Parigi che si muove per andare da loro e stare con loro e non sopra di loro, né fisicamente né psicologicamente, perché come scrive Mas: «La gente cerca un difetto, una tara, […] ma nel complesso le alienate offrono un sorprendente spettacolo di grazia. Gli ospiti acquistano fiducia, si distendono […]. Mentre le alienate vanno sulla pista da ballo o si siedono sui divanetti gli invitati si rilassano, scoppiano a ridere, gorgogliano, gridano quando sfiorano la manica di una pazza, tanto che se qualcuno entrasse nella sala senza conoscerne il contesto prenderebbe per pazzi ed eccentrici tutti quelli che si suppone non lo siano».

il ballo delle pazze - Salpêtrière
Parigi, Ospedale della Salpêtrière (1919) – Personale medico

È Il ballo che mescola tutto, e tutte le protagoniste: Eugénie, signorina benestante, tradita e rifiutata dalla famiglia a causa delle sue idee anticonformiste; Louise, giovane ragazzina del popolo, gettata in manicomio dalla violenza  e che riceverà la ferita più grande proprio lì dentro, dalla persona a cui ha dato più fiducia, in un paralizzante déjà-vu descritto con struggente maestria dalla penna di Mas; Thérèse, la decana delle internate, ex prostituta e tutto fuorché pazza; Geneviève, la capo infermiera che sembra tutta d’un pezzo e i cui pezzi invece crollano  come in un domino di fronte alla nuova verità che scopre, in un deciso movimento ritmico e descritto perfettamente che ci porta a un finale inaspettato. Donne diverse fra loro ma che riescono  a condividere, a far emergere e a ribellarsi, ognuna a suo modo, all’unica legge del loro tempo: gli uomini possono tutto, loro no.

Elena Marrassini

Foto in alto: Victoria Mas-AFPArchives

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