We Want Sex: siamo donne. Non fateci queste stupide domande!

we want sex
Un bel film sulle prime battaglie delle donne  per la parità salariale, ispirato a fatti realmente accaduti a Londra nel 1968.

We Want Sex è un film del 2010 diretto da Nigel Cole ispirato a fatti realmente accaduti a Londra nel 1968. Nello stabilimento Ford inglese lavorano 55.000 uomini e 187 donne addette alla cucitura delle fodere dei sedili. Le vediamo lavorare in reggiseno per le torride temperature estive o sotto l’ombrello quando piove, per proteggere la macchina da cucire, perché il tetto perde. Fra le tante difficoltà restano complici, sarcastiche e vibranti. Sono una vera ventata di allegria di capelli cotonati, fantastici vestitini anni settanta, i primi shorts e minigonne. Sono donne, mogli, figlie, madri di famiglia che con il loro stipendio contribuiscono al bilancio familiare. Peccato che il loro salario sia la metà di quello dei colleghi perché il loro lavoro non è riconosciuto come qualificato.

La svolta avverrà con la loro improvvisa presa di coscienza, loro che non si sono mai occupate di politica o diritti sindacali. Guidate dalla mite Rita O’Grady che si rivelerà un’indomita combattente anche di fronte a esperti sindacalisti, interessati più a tutelare i privilegi della propria posizione che le lavoratrici che dovrebbero rappresentare.

A sostegno della causa sarà schierato fin dal principio un fantastico Bob Hoskins, che sarà un valido aiuto per le inesperte manifestanti. Donne che non avevano mai scioperato manterranno ferma la loro posizione nonostante le difficoltà economiche. Colleghi e mariti che inizialmente le sostenevano, nel momento in cui si ritrovano a non poter lavorare perché mancano i sedili o a dover gestire malamente il ménage domestico, cambiano registro.

Le nostre eroine non demordono e, con il sostegno della ministra Barbara Castle, vinceranno la prima di tante battaglie per il riconoscimento dei loro diritti. Perché di diritti si tratta e non di privilegi. Diritti dei lavoratori che l’azienda cerca di eludere accampando difficoltà a sostenere il maggior esborso. Per pagare a 187 donne lo stesso stipendio che pagano a 55.000 uomini? Siamo seri, per cortesia.

Minacceranno la ministra di spostare la sede dello stabilimento se non si schiererà dalla loro parte. Si tratta di un ricatto. Barbara Castle con coraggio si assumerà le proprie responsabilità senza cedere alla viltà di un colosso industriale schierato contro 187 donne che rappresentano tutto il genere femminile.

Fantastica l’interpretazione di Rosamund Pike nel ruolo della moglie del capo del personale. Laureata brillantemente ma relegata al ruolo di consorte di rappresentanza, diventerà amica della combattiva Rita O’Grady sotto lo sguardo sconcertato del marito.

Molto interessante l’evolversi dell’atteggiamento del marito di Rita durante il film. Le scene finali rappresenteranno egregiamente come il riconoscimento dei diritti fondamentali sia necessario per il bene collettivo, anche se talvolta alcuni stentino a rendersene conto.

Unica critica a questa brillante e interessante commedia riguarda la scelta del titolo italiano: quello originale è Made in Dagenham. La trasformazione in We Want Sex ci appare come un volgare specchietto per le allodole. Rita e le sue compagne volevano diritti, non sesso.

Paola Giannò

Foto in alto: una scena di We want sex.

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