L’impegno e il grande lavoro di ricerca e di salvaguardia di un’artista che ha fatto dell’etnomusicologia la sua passione e la sua strada.
Nello spettacolo Donne guerriere Ginevra Di Marco e Gaia Nanni, tra le altre donne, parlano anche di una ragazza che, appena ventenne, se ne va in giro per le campagne toscane armata di registratore per catturare e fare suoi tutti quei canti contadini e delle classi più povere che tanto bene esprimono sentimenti e passioni. La ragazza è Caterina Bueno e dedicherà la vita e la sua intera arte all’etnomusicologia.
Caterina nasce a Fiesole da genitori artisti, la madre scrittrice svizzera e il padre pittore spagnolo, e cresce in mezzo alla campagna e alla gente dei campi che tanto l’affascina. Gira instancabile con la sua cinquecento per raccogliere le storie del popolo, quella musica che racconta di una realtà che è poco conosciuta ma ha tanto da dire. Il suo lavoro non solo salva un patrimonio di canti tramandati oralmente, che altrimenti sarebbe andato perso, ma ascolta e reinterpreta i racconti di tante vite autentiche.
Fin da giovanissima la sua attività è fervente. Si fa notare dall’Istituto Ernesto de Martino, il più importante istituto di etnomusicologia in Italia, ed entra a far parte del Nuovo Canzoniere Italiano. Tra le altre cose è protagonista di un documentario intitolato Caterina la raccattacanzoni, parte per una tournée in Canada con nomi del calibro di Gabriella Ferri e partecipa alle prime due edizioni di Ci ragiono e canto con la regia di Dario Fo insieme, tra gli altri, a Rosa Balistreri. Scopre anche molti talenti musicali come Francesco De Gregori, che le dedicherà la sua canzone Caterina. L’impegno sociale e la posizione politica la porteranno a essere allontanata dalla Rai, che attuerà un vero e proprio boicottaggio nei suoi confronti fino alle metà degli anni 2000. Caterina però continua a esibirsi alle feste dell’Unità e nei circoli ARCI, diffondendo canzoni e messaggi di denuncia anche all’estero, e nel 2006 le viene conferito il Fiorino d’oro, la massima onorificenza che Firenze attribuisce a personalità che meglio abbiano rappresentato la cultura fiorentina e toscana in Italia e nel mondo. Nel luglio del 2007, muore dopo una breve malattia lasciando un enorme patrimonio artistico.
Il grande lavoro di ricerca di Caterina Bueno ha fatto riemergere e salvato antichi canti, è vero, ma con essi si porta dietro tutto un bagaglio di realtà scomode e dolorose che molti non conoscevano o non volevano vedere. In canzoni come Maremma amara, la dolcezza della voce di Caterina, ma anche lo sgomento che traspare, trasmette tutto il sentimento dei contadini, costretti ad abbassare la testa di fronte a un destino che, lo sapevano bene, a volte poteva essere infausto. E cinquecento catenelle d’oro invece è un canto d’amore, poche righe ma profonde, a dimostrazione che l’amore, quando è vero, è vero dappertutto.
Caterina Bueno ha scelto una strada difficile nella musica, ma anche coraggiosa, e non hai mai avuto paura di percorrerla. Tanti sono stati gli artisti che l’hanno ammirata e sostenuta e per fortuna esiste una discografia molto fornita. La sua missione di salvataggio ed elevazione verso la musica popolare e sociale ha trasmesso a noi, e a chi verrà dopo, tesori che, senza il suo consacrato impegno, avremmo certamente perduto.
Serena Pisaneschi
Foto in alto: Caterina Bueno