Mariti di Ángeles Mastretta… comunque indimenticabili

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«Avrebbe voluto che suo marito le dicesse che era bella e che il suo amante le dicesse che l’amava. Impossibile». Promette bene la quarta di copertina, dietro  una bella immagine di Lorenzo Mattotti, del libro con cui l’autrice messicana ci porta a conoscere i suoi Maridos, attraverso quarantotto racconti uno più affascinante dell’altro.

Ci si sente la luce del sole qua dentro a Mariti, di Ángeles Mastretta (Giunti Editore, 2008). Ci si sente il calore, a volte confortante e a volte soffocante, degli uomini nella vita delle donne, raccontati da una voce femminile con sapienza, energia e delicatezza insieme. Non è un romanzo, non è una raccolta di racconti, è come un romanzo di racconti, una tavola apparecchiata con cura e piena di cose dolci, salate, e amare. Storie di donne che cercano gli uomini, di uomini che cercano donne, amanti, mogli, e anche di donne che trovano, finalmente, altre donne. Storie di amicizie, ma sempre, sullo sfondo, l’amore in una coppia di esseri umani. Una narrazione che ti prende per mano, delicata spesso e affilata quando occorre, e ti porta dentro alla gioia e alla malinconia dei suoi personaggi. Vi si trovano mariti di ogni tipo: uomini eccentrici, romantici, complessi e banali, egoisti e generosi.

Mariti del presente, del passato e futuri mariti: quelli visti nei propri figli maschi con l’apprensione, la speranza e il rammarico di una madre, come nella brevissima storia Un vero uomo (pag. 68): «La madre fu felice di vedere Magdalena guardare suo figlio con lo stesso sguardo che lei doveva nascondere, se non voleva scatenare le sue ire. […] pensò che quella dolcezza dovesse restare fra loro per sempre. Avrebbe fatto meglio a non pensarlo. Magdalena divenne un nome pronunciato di rado. Avrebbe avuto voglia di mettersi nel mezzo e consigliarle di rendersi irraggiungibile: non venire quando ti chiama, non gli rispondere sempre, non lo guardare come se lo amassi, assumi un’aria da regina, fagli credere che non merita un tuo pensiero. Ma non disse nulla.»

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Copertina di Lorenzo Mattotti

Mariti che portano via, anche dalla magia di Venezia (In viaggio senza mariti, pag. 107): «C’è un leone alato che guarda il Canal Grande e, quella sera, un accenno di luna nel cielo […] Chi voleva andarsene di lì per indagare sulle attività del marito? Nessuno se non Clemencia, che come se non bastasse decise di innamorarsi del leone. Perché la “vita compensa” e quella belva che sfidava l’immensità sembrava dichiararle un amore di quelli che non sono mai di troppo e che tutti bramano.»

Mariti che è meglio di no, come in Mezza mela (pag. 181): «Gli uomini non erano il suo genere preferito, ma a quei tempi non era dato che una donna potesse stringere un’alleanza con qualcuno sprovvisto di qualcosa che gli pendesse tra le gambe. Diventò impresaria teatrale e ottenne tutto il successo che era possibile riscuotere in Messico facendo un lavoro simile. […] Meno trovare un marito, qualsiasi cosa avesse tentato le era riuscita».

Mariti un po’ così, proprio come in Così (pag. 247). Un amore dentro quattro righe, come conchiglia con la sua perla, in un microracconto che sa di estate: «Si addormentarono così, nella lentezza delle ore che uno vive come se fossero già passate. Le ore ripetute, anonime, le ore come tante, le ore noiose di cui un giorno sentiremo la mancanza».

Ángeles Mastretta è nata a Puebla nel 1949 e vive a Città del Messico, dove si è laureata e ha iniziato la sua brillante carriera come giornalista, proseguita e arricchita da quella di scrittrice: il suo primo romanzo Strappami la vita l’ha fatta conoscere al mondo ed è stato tradotto in quindici lingue. Racconta spesso che quando sua figlia minore si ammalò, seduta accanto alla piccola in ospedale, iniziò a raccontarle storie di donne della loro famiglia che erano state fondamentali nei momenti critici della sua vita. «Donne che – diceva – avevano deciso del proprio destino».

Elena Marrassini

Foto in alto: Ángeles Mastretta

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