Una donna coraggiosa, sicuramente oltre il consueto. Una “donna non rieducabile” che ha sacrificato la propria vita per raccontare al mondo la verità.
Anna Politkoskaya oggi, 30 agosto 2021, avrebbe compiuto 63 anni. Ne aveva 48 nel 2006 quando fu uccisa con quattro colpi di pistola da un sicario nell’ascensore del palazzo dove abitava, nel centro di Mosca, mentre rincasava. Era una giornalista nota in tutto il mondo per il coraggio dei suoi articoli in difesa dei diritti umani e per i suoi reportage sulla guerra in Cecenia. Nata a New York da genitori diplomatici sovietici presso l’ONU, a ventidue anni si laurea all’Università di Mosca e avvia la propria carriera giornalistica. Nel 1999 iniziano i suoi viaggi in Cecenia; documentando i massacri, le torture e visitando gli ospedali e i campi profughi, racconta al mondo quello che vede con i propri occhi. Per come esercitava la sua professione ha subito minacce di morte. I suoi libri non sono mai stati pubblicati nel suo paese e molte vicende che la riguardano sono rimaste nell’ombra. Sulla sua morte i silenzi e le assenze di alcuni parlano più di mille parole.
Anna Politkoskaya è stata fra i protagonisti della trattativa della crisi del Teatro Dubrovka di Mosca nel 2002, quando un gruppo di quaranta separatisti ceceni prese in ostaggio ottocentocinquanta persone chiedendo il ritiro delle truppe russe dalla Cecenia. Dopo due giorni di assedio, le forze speciali russe, dopo aver immesso un agente chimico nell’impianto di areazione, riuscirono a fare irruzione nel teatro. Morirono trentanove dei quaranta sequestratori e centotrenta ostaggi, senza contare orfani e feriti.
Nel 2004 a bordo dell’aereo con il quale cercò di raggiungere Beslan, dopo aver bevuto un tè, venne improvvisamente colpita da un malore e perse conoscenza. L’aereo fu costretto a tornare indietro per permettere il suo immediato ricovero. Si suppone un tentativo di avvelenamento, ma la dinamica dell’accaduto non è stata chiarita del tutto. Questo le impedì di partecipare alle trattative per cercare di salvare le milleduecento persone, soprattutto bambini, che trentadue persone armate avevano preso in ostaggio. Era il primo giorno di scuola e molti genitori avevano accompagnato i loro bambini. Erano presenti novecento studenti di età compresa fra i sei e i diciotto anni. Avrebbero dovuto partecipare a una cerimonia speciale durante la quale quelli dell’ultimo anno avrebbero consegnato il testimone ai più piccoli. Sarebbe dovuta essere una giornata di festa che si trasformò in una tragedia. Persero la vita centottantasei bambini. I contributi in rete sulla vicenda sono molti e ascoltare le parole di chi ha raccontato quanto accaduto ancora ora fa male. Le parole di Anna Politkoskaya, come Donna non rieducabile, sulle domande da farsi per quelle piccole vittime le possiamo ascoltare qui dalla voce di Ottavia Piccolo nello spettacolo teatrale scritto da Stefano Massini. È straziante ma non si può far finta di niente e soprattutto non possiamo dimenticare.
In suo onore nel 2007 l’organizzazione per i diritti umani Reach All Women in War, che si occupa della protezione dei diritti delle donne durante i conflitti bellici, ha istituito il premio annuale Anna Politkoskaya Award. La prima assegnazione è stata a favore di Natalia Esteremirova, giornalista e amica di Anna Politkoskaya con la quale collaborò e che nel 2009 fu uccisa subendone la stessa sorte. Sono seguite altre premiazioni ad altre grandi donne oltre il consueto; nel 2012 il premio è stato assegnato alla reporter di guerra americana Marie Colvin sulla quale qui trovate un nostro precedente contributo.
Sono trascorsi quasi quindici anni dalla morte di Anna Politkoskaya. Non potevamo dimenticare questa eroina dei nostri tempi. È stata una donna coraggiosa oltre il consueto, che ha sacrificato la propria vita per raccontare al mondo la verità.
Paola Giannò