Le prodezze delle atlete alle Paralimpiadi passeranno veloci come delle meteore, ma la grinta che hanno dimostrato è innata e indelebile.
A inventare i primi giochi per veterani con danni alla colonna vertebrale o menomazioni fu, nel 1948, il neurochirurgo polacco naturalizzato inglese Ludwig Guttmann. Qualche anno dopo, nel 1952, gli olandesi si unirono alla competizione, che così acquistò carattere internazionale. Fu nel 1958 che il medico italiano Antonio Maglio propose di disputare l’edizione del 1960 a Roma, dove si sarebbero tenute le Olimpiadi, e così nacque una sorta di prima edizioni delle Paralimpiadi, nome approvato dal Comitato Olimpico Internazionale nel 1984 per i giochi estivi. Ormai sono vent’anni che la città che ospita le Olimpiadi deve organizzare anche le Paralimpiadi e qualche giorno fa si sono concluse le gare a Tokyo, dove i nostri atleti e le nostre atlete hanno portato a casa ben sessantanove medaglie, mai un medagliere così alto nella storia!
Ma, nonostante tutti i bei successi della squadra italiana, c’è qualcosa che stona: le Paralimpiadi non hanno goduto della stessa attenzione mediatica delle Olimpiadi. Non ci sono state trasmissioni dedicate a riassumere le giornate paralimpiche e far rivedere le gare, si trovano pochissimi filmati su internet (infiniti ringraziamenti a Raiplay) e al telegiornale passano le notizie delle medaglie conquistate, sì, ma sempre in modo veloce. Sappiamo benissimo che la ragione di tutto questo disinteresse è perché non c’è ritorno d’attenzione e nessuno spende soldi se non può trarne profitto, ma siamo sicuri che non sia il contrario? Siamo sicuri che sia colpa del pubblico che non guarda invece del media che non propone? Ci sono canali dedicati che trasmettono le gare (anche se in modo più discontinuo e frammentario rispetto a luglio) ma il fuso orario con il Giappone non giova all’utente medio, che normalmente di notte dorme e di giorno lavora. Eppure godere della tenacia di atleti che hanno affrontato le difficoltà prendendole a schiaffi non potrebbe solo giovare? Cogliere la caparbietà e la determinazione che dimostrano non sarebbe un grande insegnamento? Secondo me, sì. Ognuno di quegli uomini, ognuna di quelle donne, è un atleta come coloro che hanno calcato le piste o vergato le acque due mesi fa, e allora perché trattarli come se valessero meno, anche a livello economico tra l’altro? Io non so darmi una spiegazione se non quella comoda e terribile dell’ignoranza.
In questa rivista, però, parliamo di donne. Sono ventisette le atlete paralimpiche che sono tornate a casa medagliate o plurimedagliate con un totale di quaranta medaglie conquistate. Non conosco la storia di tutte, ma ho riconosciuto in ognuna la grinta di chi deve farcela il doppio (una volta perché è donna e una volta perché è para-atleta). Quanta forza ci vuole per guardare negli occhi la cattiveria della vita e dire: «Sono più forte io»? Credo che non esista unità di misura per calcolarla se non un enorme amore per la vita. Da sempre le donne sono definite come il sesso debole, ma questa dicitura affiancata alla parola “donna” crea un ossimoro che salta subito agli occhi. Possiamo essere delicate, tenere, emotive, ma mai deboli e credo che la storia e la quotidianità, sia individuale che collettiva, lo dimostrino giornalmente. Tutte le atlete di queste Paralimpiadi, medagliate e non, hanno dimostrato una grande combattività e non solo in ambito sportivo. Sono state numerose, sessantuno su centotredici membri della squadra azzurra, e si sono fatte valere. A tutte le atlete paralimpiche mando lo stesso abbraccio con cui abbiamo stretto le atlete olimpiche, perché noi il loro valore lo riconosciamo come intero e magari anche un pochettino di più.
E adesso celebriamole, queste donne forti, e teniamo ben presenti i loro sorrisi soddisfatti e tutto il coraggio che racchiudono dentro: Carlotta Gilli, 100 farfalla S13, oro/100 dorso S13, argento/400 stile libero S13, argento/50 stile libero S23, bronzo/200 misti SM13, oro; Monica Boggioni, 200 stile libero S5, bronzo/100 stile libero S4, bronzo/200 misti SM5, bronzo; Sara Morganti, dressage grado I, bronzo/dressage Individuale Freestyle grado I, bronzo; Veronica Yoko Plebani, triathlon PTS2, bronzo; Beatrice Vio, fioretto B, oro; Arjola Trimi, 50 dorso S3, oro/100 stile libero S3, oro/50 stile libero S4, argento; Giulia Ghiretti, 100 rana SB4, argento; Carolina Costa, judo +70 kg B2, bronzo; Maria Andrea Virgilio, tiro con l’arco, bronzo; Assunta Legnante, lancio del disco F11, argento/getto del peso F12, argento; Francesca Porcellato, ciclismo prova cronometro H1-H3, argento; Michela Brunelli e Giada Rossi, tennis tavolo 1-3, bronzo; Katia Aere, ciclismo in linea H5, bronzo; Martina Caironi, salto in lungo T63, argento/100 mt T63, argento; Vincenza Petrilli, tiro con l’arco ricurvo W2, argento; Ambra Sabatini, 100 mt. T63, oro; Monica Graziana Contraffatto, 100 mt T63, bronzo; Elisabetto Mijno, tiro con l’arco ricurvo squadre miste, argento; Xenia Francesca Palazzo, Vittoria Bianco, Giulia Terzi e Alessia Scortechini, staffetta 4×100 stile libero, oro; Giulia Terzi, Arjola Trimi, staffetta mista 4×50, argento; Beatrice Vio, Ionela Andreea Mogos e Loredana Trigilia, fioretto a squadre, argento.
A tutte quante, sul podio o no: grazie di cuore!
Serena Pisaneschi
Foto in alto: le atlete paralimpiche italiane