Riflessioni sul ruolo della comunicazione nel nostro ecosistema sociale. La sostenibilità che manca fra i direttori dei giornali in un mondo tutto maschile.
Il tema della mancanza di parità di genere è oggi molto attuale, segnale forte che serve un cambiamento. È un argomento che spazia dal gender gap retributivo, alle difficoltà che le donne incontrano in ambito lavorativo fino ad arrivare alla violenza nelle sue varie forme che culmina con i femminicidi, purtroppo sempre più presenti sulle nostre cronache. Sono tutti fenomeni sociali che nel tempo lentamente si sono creati e radicati, ma che occorre modificare se quello che vogliamo è una società più sostenibile.
Il termine “sostenibilità” è anch’esso piuttosto inflazionato e credo ci sia da domandarsene il perché. Si tratta di un termine nato in ambito ambientale ed è la caratteristica essenziale che garantisce la stabilità di un ecosistema. È la capacità di mantenere nel tempo quei processi ecologici che avvengono all’interno di un ecosistema e la sua biodiversità. Essere sostenibili vuol dire avere uno sguardo al futuro. Significa evitare comportamenti che possano danneggiare il sistema o che ne alterino la biodiversità. La diversità è una ricchezza e se non ne abbiamo cura il sistema soffre, non cresce e non si sviluppa al meglio come potrebbe.
Se immaginiamo la nostra società come un ecosistema e proviamo a pensare in quale terra affondiamo le nostre radici mi viene da riflettere sulla cultura che abbiamo creato nel tempo con i nostri comportamenti. Se intendiamo salvaguardare al meglio la nostra specie, evolverci invece che involverci come talvolta sembra si stia facendo, dobbiamo lavorare quella terra e renderla fertile.
Una bella fetta di responsabilità dei comportamenti che mettiamo in atto deriva da quello che ogni giorno assimiliamo, come l’acqua che diamo alle nostre piantine, dai mezzi di comunicazione. I giornali, la televisione, la radio ma soprattutto i social sono i protagonisti della comunicazione. Come e cosa viene comunicato ha sempre più importanza, per questo sono andata a dare una sbirciata a chi sono i responsabili delle maggiori testate giornalistiche, oggi sempre più presenti nelle versioni online. Ho constatato una totale mancanza di parità di genere.
I direttori dei principali quotidiani sono uomini e, cosa curiosa, lo sono da sempre. Il Corriere della Sera, La Stampa, La Repubblica, Il sole 24 ore, Il Messaggero, Il Resto del Carlino, Il Giornale, Libero, Il Mattino, Il Fatto Quotidiano per citarne solo alcuni hanno tutti direttori uomini e così è da quando sono stati fondati. Fa eccezione Il Manifesto con la direttrice Norma Rangeri e le colleghe che l’hanno preceduta. L’altro caso al femminile in centosessanta anni di carta stampata è Agnese Pini, che dal 2019 ricopre l’incarico di direttrice de La Nazione. Forbes nel 2021 ha inserito Agnese Pini fra le cento donne italiane più influenti, ma se la cercate su Wikipedia accanto al suo nome la qualifica indicata è quella di direttore, nonostante si tratti ovviamente di una donna. Può anche darsi che sia una svista; ci auguriamo però che correggano presto.
Quanto sopra è l’ennesima dimostrazione di come le donne arrivino con difficoltà, per usare un eufemismo, a ricoprire ruoli apicali. Nelle redazioni le donne esistono e non è certo pensabile che non ce ne siano di competenti. È impressionante l’assenza delle donne nei giornali di sport. Prima firma al femminile per La Gazzetta dello Sport è la giornalista e conduttrice televisiva Rosanna Marani, che nel 1973, realizzò un’intervista a Gianni Rivera in silenzio stampa da sei mesi. Nel nostro piccolo di alcune giornaliste, italiane e non, abbiamo già scritto, come Oriana Fallaci, Marie Colvin, Anna Politkoskaya, ma ce ne sono molte altre.
Che la parità di genere sia una ricchezza è provato, ma ancora abbiamo della strada da fare. Una soluzione potrebbe essere di estendere l’obbligo delle quote rosa ai mezzi di comunicazione, quantomeno per innescare un meccanismo che porti dei cambiamenti concreti. Parlare dei problemi è positivo, ma forse stiamo ancora facendo troppo poco per risolverli; confidiamo che alle donne sia sempre di più data la possibilità di esprimersi e contribuire a quel cambiamento culturale cui tutti dovremmo aspirare.
Paola Giannò
Foto in alto: Agnese Pini, dal 2019 direttrice de La Nazione