Speciale 25 novembre 2021. Una storia di violenza subita da una giovane donna che ha avuto il coraggio di denunciare e cercare aiuto. Questi sono i primi passi da affrontare!
Ogni giorno raccontiamo storie di donne oltre il consueto, eroine contemporanee o di tempi andati. Talvolta può succedere di imbattersi in storie per le quali non è semplice trovare le parole giuste, storie che pensiamo debbano essere raccontate ma senza infliggere inutili ulteriori ferite. In questa settimana in cui ricorre la giornata contro la violenza sulle donne abbiamo scelto un contributo che abbiamo ricevuto per dar voce a una giovanissima donna coraggiosa.
Durante il mio percorso di vita ho incontrato moltissime difficoltà, che sul momento non ho voluto o saputo fronteggiare, che ho cercato di nascondere anche a me stessa dietro un falso sorriso e cercando comunque di andare avanti. Quando però una delle mie figlie ha trovato il coraggio di farmi sapere che si era trovata in una delle tante difficili situazioni che io, anche alla sua giovane età, avevo dovuto affrontare, qualcosa è scattato. In me stessa ho trovato un coraggio e una determinazione nuove, sostenute dall’immenso amore di me come madre, donna e soprattutto persona. Io in passato non sono stata sostenuta e compresa, ma non avrei riservato la stessa sorte a mia figlia. La sua storia doveva diventare una storia diversa. Ho deciso di raccontarla perché anche per voi, per le vostre figlie e i vostri figli la storia diventi diversa.
A partire dalla mia adolescenza ho subito episodi di violenza di ogni tipo: verbale, psicologica, domestica e sessuale. Ogni volta è successo per mano di persone che conoscevo, con le quali esisteva un legame, in situazioni che non lasciavano intravedere niente di preoccupante. Le ho subite senza mai denunciare e hanno lasciato un segno indelebile in tutto il mio percorso di vita. Sono stata capace di non parlarne con nessuno e seppellire nella parte più nascosta di me un dolore che a ogni ricorrenza tornava prepotente. Non ho dimenticato nessuna ricorrenza, ho continuato e continuo a tormentarmi ogni volta.
Quando ho saputo che una delle mie figlie aveva subito una violenza sessuale, dopo l’iniziale immenso dolore, sgomento, incertezza su cosa io potessi fare per esserle d’aiuto ho capito che la cosa più importante era denunciare l’accaduto. È una ragazza in gamba, lo è sempre stata del resto, e nonostante la terribile situazione che stava attraversando si è fidata e ha accolto quanto la pregavo di fare.
Insieme abbiamo attraversato momenti che ci parevano insostenibili. Talvolta ha voluto affrontare alcune situazioni da sola, per pudore, per preservare me da altro inutile dolore, per vergogna che non avrebbe dovuto provare. C’è stata la denuncia, l’individuazione di colui che le ha usato violenza, i colloqui con i tutori dell’ordine, gli avvocati, gli assistenti sociali, il tribunale. Ogni volta una sofferenza, un tornare a quel maledetto momento per spiegare, far comprendere ad altri ma sempre con quella sottile vaga sensazione di aver sbagliato lei qualcosa. Non aveva sbagliato niente, non c’è niente che si può sbagliare quando è l’altro che prevarica e ti usa violenza. Non conta come eri vestita, dove eri, se eri sobria o non lo eri, che ore erano, eppure a tutte queste domande ha dovuto rispondere. Servono per accertare i fatti? Come se una minigonna potesse essere un fatto discriminante. No che non lo è.
La giustizia ha fatto il suo corso, in tempi anche più rapidi di quanto avevo previsto. Lui è stato condannato. È trascorso del tempo da allora. Mia figlia ha incontrato nel suo percorso scolastico degli insegnanti che hanno compreso la situazione e l’hanno sostenuta, noi in famiglia abbiamo cercato di fare altrettanto. Ora è all’estero per motivi di studio e quando ieri sera mi ha chiamata mi ha detto:
«Mamma, qui sono felice.»
Sentire le sue parole ha sciolto quel nodo che avevo dentro e ho capito che avevamo seguito la strada giusta. C’è ancora tanto da fare per educare i bambini, i giovani e gli adulti al rispetto. È importante trovare la forza di denunciare ma anche di cercare aiuto e sostegno, perché farlo non cancellerà quello che è successo ma quel fardello diventerà un pochino meno pesante.
Nella storia che avete appena letto ho volutamente omesso di indicare nomi e qualsiasi altro riferimento che permettesse di individuare chi me l’ha raccontata. L’ho fatto per rispetto e perché potrebbe essere la storia di una qualsiasi di noi. Credo che la spettacolarizzazione che viene riservata agli episodi di violenza sulle donne possa essere evitata; che sia possibile informare o sollecitare una riflessione anche in altro modo. Se cercate aiuto potete rivolgervi ai tanti centri presenti sul territorio, sul sito di D.i.Re ne trovate in ogni regione.
Paola Giannò
Grazie❤️