Imprenditoria femminile: la presidente Anna Paola Cavanna si racconta

Imprenditoria femminile - Anna Paola Cavanna
In un ambiente collaborativo, valorizzando i meriti e con l’attenzione al dettaglio si lavora meglio. I risultati non mentono.

Entrare nel mondo dell’imprenditoria al femminile di Anna Paola Cavanna è stata un’avventura entusiasmante. Il suo è un vero e proprio dedalo di attività, tutte contraddistinte da un contagioso ottimismo. Ve la presenterò cercando di essere sintetica, ma il lungo elenco dei suoi incarichi rende il compito decisamente impegnativo. Dopo la laurea in economia e commercio e un master in gestione d’impresa ha iniziato a lavorare nell’impresa Laminati Cavanna fondata dal padre di cui è attualmente la presidente. L’azienda è specializzata nell’accoppiamento/laminazione degli imballaggi flessibili e si trova in provincia di Piacenza, dove Anna Paola vive con il marito, tre figli adolescenti e un gatto. Se tutto questo non bastasse riveste anche alcuni ruoli istituzionali. È la prima donna nel ruolo di presidente dell’Istituto Italiano Imballaggio, un’associazione di circa quattrocento aziende produttrici e utilizzatrici di imballaggi. È presidente della Fondazione Carta Etica del Packaging, per la quale ha firmato l’atto costitutivo nel 2020 con l’obiettivo di divulgare gli aspetti positivi del packaging e fare formazione. È presidente di Packaging Meeting, società che eroga la formazione in ambito imballaggi ma anche vicepresidente di Confapi Piacenza con delega alla sostenibilità. Mi riferisce anche che le piace lo sport in generale, cucinare, la fotografia ma anche leggere, scrivere e ovviamente viaggiare. La classica domanda “come fa a far tutto” le viene posta spesso, ma non avevamo dubbi.

Iniziamo dalla sua principale attività professionale: come esercita il ruolo di presidente? O sarebbe meglio dire presidentessa?

«A dire il vero presidentessa non mi piace molto, preferisco presidente, però con l’articolo al femminile che mi identifica. Le parole credo abbiano un peso importante, ma presidentessa mi sembra una forzatura, preferisco che sia l’articolo a indicare il ruolo al femminile.»

Nella sua azienda mi ha scritto che siete cinquantacinque addetti, cosa significa avere dei dipendenti?

«Credo voglia dire avere una grande senso di responsabilità. Più che addetti o dipendenti sono persone che hanno una vita, una famiglia. Prevalentemente sono uomini e li conosco tutti uno per uno, siamo un gruppo di persone e con alcuni lavoriamo insieme da tanti anni, conosco le mogli, i figli. Mi rendo conto che con il loro lavoro spesso sostengono una famiglia intera e credo che il miglior risultato raggiunto in questi anni sia di essere riuscita a fare gruppo.»

Nel passaggio generazionale dalla gestione paterna al suo modello di imprenditoria femminile è cambiato qualcosa?

«Credo sia cambiato molto. Mio padre ha fondato l’azienda e il suo operato è stato importantissimo, ma aveva uno stile diverso dal mio. Erano anche altri tempi; ora, ad esempio, ci diamo tutti del tu e, pur mantenendo il rispetto di ruoli diversi, anche questo ha contribuito a creare uno spirito di collaborazione che si percepisce, un buon clima in cui si lavora bene. Non so se il cambiamento sia dovuto alla differenza fra maschile e femminile, magari un’altra donna al mio posto avrebbe fatto diversamente. Ogni persona porta il suo stile, le sue esperienze di vita e la sua idea imprenditoriale. Io credo molto nell’inclusività, del fare gruppo e nel delegare. Mio padre ad esempio era un accentratore. Al mio arrivo ho cambiato subito l’arredamento, i colori, le luci. Ho predisposto degli ambienti attrezzati per la pausa pranzo che fossero funzionali e accoglienti e di questo si sono accorti anche i nostri clienti. Può sembrare una banalità ma in fondo questo è il posto dove viviamo per otto ore al giorno. Questo modo, se vogliamo più femminile, di attenzione a certi dettagli qualcuno lo considera un costo, io credo che sia un investimento in termini di qualità della nostra vita lavorativa.»

Imprenditoria femminile - Laminati Cavanna
Laminati Cavanna – Interno stabilimento

Pensa che il nostro momento storico richieda un cambiamento su come impostare i rapporti di lavoro?

«Sicuramente. Il modello di mio padre ha funzionato per quarant’anni e non posso certo criticarlo, ma oggi è diverso. Credo che sia importante responsabilizzare le persone, creare uno spirito di squadra perché il lavoro di ognuno è importante. Ad esempio, quando capita che si debba ricorrere allo straordinario non penserei mai di imporlo, eppure sabato scorso in azienda eravamo in trenta. C’è chi porta la focaccia o i pasticcini, magari ci scappa anche un aperitivo. I dipendenti che scelgono di allungare l’orario si ritrovano una busta paga più pesante e con questa modalità libera e condivisa abbiamo ottenuto grandissimi risultati: la conferma della percezione di un clima diverso ci è arrivata anche dall’esterno. Ovviamente non è sempre una situazione idilliaca, problematiche ne affrontiamo anche noi.»

Ha attivato un gruppo di professioniste con le quali ha collaborato negli anni in azienda: il fatto che siano donne è stato un caso o una scelta dettata da qualche motivo particolare?

«In realtà è stato un caso e mi sono trovata benissimo con tutte loro. Mi piace molto approfondire le cose in cui sono carente ed è nata così la nostra collaborazione. La prima è stata Karol che mi è stata segnalata perché volevo migliorare il mio inglese, è madrelingua e ormai siamo amiche. La seconda è stata Ilaria, l’ho conosciuta quando, nel momento del passaggio da mio padre a me delle redini aziendali, ho incontrato delle difficoltà. Anche se era un cambiamento condiviso non è stato facile, Ho sentito il bisogno di una persona che mi aiutasse in questa fase. Abbiamo avviato un percorso che mi è stato molto di aiuto, tanto che l’ho proposto anche alle persone più vicine a me in azienda, che comunque risentivano delle tensioni di quel periodo, ed è stato apprezzato. È stato molto utile comprendere le emozioni che ci animavano. Quando invece ho voluto migliorare la mia scrittura, che è una cosa cui tenevo molto e soprattutto ne sentivo il bisogno per i discorsi che avevo iniziato a scrivere, ho avuto modo di conoscere Francesca, giornalista di Vanity Fair,  e da lei ho appreso delle tecniche che oggi mi sono molto utili. Infine c’è Stefania che mi ha aiutata nella gestione delle videoconferenze, su come comunicare in questa modalità. È un bel gruppo di donne e per il momento siamo tutte molto impegnate su più fronti, ma credo che insieme potremo fare delle belle cose.»

È impegnata anche in diversi ruoli istituzionali, in alcuni dei quali predomina la presenza maschile. Si è mai trovata in difficoltà?

«In difficoltà direi di no, casomai sentivo aspettative molto forti, soprattutto quando sono stata nominata presidente dell’Istituto Italiano Imballaggio: dopo sessant’anni di presidenza al maschile, ero la prima donna in quel ruolo. Avvertivo dello scetticismo nei miei confronti soprattutto da parte di imprenditori fondatori come poteva essere stato mio padre, che infatti non mi incoraggiava in queste cose. Ho sempre cercato di lavorare al meglio, di far capire quello che volevo realizzare e poi credo sia anche andata bene, ma i primi anni ho fatto un po’ fatica a impostare il mio stile. Un po’ come era successo in azienda. Anche lì sono partita dagli arredi della sede, dal riorganizzare l’organigramma per poi arrivare a mettere in atto strumenti come la VPN per lavorare da remoto che ora è diventato uno standard e anche lì ho cercato di fare gruppo. Questi cambiamenti non erano ben visti da tutti, ma dare stimoli credo sia importante, così come lo è riconoscere un buon lavoro quando viene fatto. Anche da questo punto di vista il mio stile è una novità: credo molto nell’importanza di riconoscere i meriti, poi se c’è qualcosa che non funziona o non va come dovrebbe occorre trovare le parole giuste per dirsi anche quello.»

Imprenditoria femminile - Anna Paola Cavanna
Anna Paola Cavanna con la sua famiglia

Cosa significa per lei sostenibilità?

«Credo occorra fare una distinzione. La sostenibilità ambientale si può ottenere con delle attività rivolte all’ambiente, anche se alcuni sostengono che le azioni umane sul cambiamento climatico incidono molto poco. Ci sono però delle pratiche che possono fare la differenza. Trovo però difficile sostenere chi vorrebbe combattere la tecnologia in questo ambito, come se fosse auspicabile un modello di vita con un ritorno al passato. Non credo che sotto sotto tutti siano disposti a tornare indietro, anche perché vorrebbe dire avere molte meno comodità. Se parliamo ad esempio dei rifiuti credo che non sia la plastica in sé il problema, ma piuttosto come decidiamo di gestire la plastica o gli altri imballaggi nel loro fine vita. Se invece di buttarla in mare gestiamo il rifiuto in modo corretto, ecco che la nostra bottiglietta non è più un problema. Al riguardo occorre fare molta cultura sui comportamenti umani, dando informazioni corrette, a partire dai più piccoli. Nel mio settore, che è quello del packaging, da anni è in corso una tendenza a fare imballaggi migliori, più leggeri, mono materiale perché più facilmente riciclabile. Tutto questo non può però mettere in discussione la sicurezza che l’imballaggio garantisce al prodotto e quindi al consumatore. Sono occorsi anni di studi e sperimentazioni che hanno permesso di arrivare al livello attuale. L’innovazione occorre sempre e le aziende lo stanno facendo anche perché questo permette un risparmio di costi e la sostenibilità è anche finanziaria. D’altro canto, il consumatore ancora vuole il prodotto con il bel packaging, con bei colori e grafiche. Credo che ci voglia molta coerenza ed è su questi valori che l’anno scorso abbiamo dato vita alla Fondazione Carta Etica, con la quale attraverso un elenco di dieci valori abbiamo definito l’imballaggio etico, non solo sostenibile.»

È stata recentemente approvata una nuova legge sulla parità salariale. Pensa che sarà sufficiente per combattere la disparità di genere nel mondo del lavoro o serve altro?

«Purtroppo no, come non credo nelle quote rosa. Io ho due figlie e un figlio e in famiglia parliamo anche di questi temi. Credo che alle persone, senza distinzione fra uomini e donne, debbano essere date le stesse opportunità per pari capacità. A quel punto non ci sarebbero questioni di salario, che deve corrispondere a quello della posizione ricoperta. Non penso che debbano esserci delle leggi per prevedere cose di buon senso. Mi domando se la spinta che questi strumenti possono dare sia così reale, o non sia solo apparente perché l’assenza delle donne in certi ruoli è davvero pazzesca.»

Pensa ci sia un modo per offrire opportunità di crescita nell’ottica di un’imprenditoria femminile?

«Credo che molto importante sia il fare rete, far parte di un gruppo. Oggi ce ne sono al femminile in molte forme, credo sia un ottimo modo per condividere informazioni e per sostenersi. Secondo me funziona molto e permette di usufruire delle conoscenze di specialisti che possono essere di aiuto.»

Ringraziamo Anna Paola Cavanna del tempo prezioso che ci ha dedicato e ci salutiamo. Il prossimo anno alcuni dei suoi mandati nei ruoli istituzionali giungeranno al termine e noi siamo curiose di sapere cos’altro inventerà questa donna oltre il consueto, curiosa e intraprendente. Siamo certe che darà vita a qualche nuovo progetto, ovviamente al femminile.

Paola Giannò

Foto in alto: Anna Paola Cavanna

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