Da una maestra indiscussa delle biografie a fumetti una galleria di sette ritratti, in immagini e parole, di donne non convenzionali. Dal secondo numero della nostra rivista.
Conoscete La Païva, Cora Pearl, Apollonie Sabatier, Valtesse de La Bigne, Émilienne d’Alençon, Liane de Pougy e Carolina Otero? Io prima di leggere Parle-moi d’amour (Feltrinelli) di Vanna Vinci non sapevo nemmeno che queste donne fossero esistite, tanto meno che avessero lasciato un segno nel loro tempo. Donne che sono state celebri e oggi sono, invece, del tutto dimenticate. Da cosa sono accomunate? Tutte vissute tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, in un mondo in cui la ricchezza significava indipendenza, davano loro stesse (non solo sessualmente) in cambio di denaro e di successo. Cercando in tutti i modi di diventare donne libere con una propria indipendenza psicologica dal contesto sociale e storico nel quale si trovavano a vivere. Donne poco per bene, che spesso provengono dai margini della società, vittime di violenze e che sono mosse dal desiderio di riscatto sociale. Incuranti del giudizio altrui, sono state in grado di usare il loro potere femminile a proprio vantaggio, senza romanticismi ma con tanta passione. Ricorrevano al sesso, alla loro intelligenza e all’ironia per arrivare a prendere quello che veniva loro negato in quanto donne.
Vanna Vinci è una maestra indiscussa delle biografie a fumetti, lo ha ben dimostrato con le sue opere precedenti nelle quali è riuscita a raccontare donne complesse e fuori dal comune come la marchesa Casati, Tamara De Lempicka, Frida Khalo e Maria Callas. In Parle-moi d’amour l’espediente narrativo scelto dall’autrice è quello di entrare direttamente nelle tavole (con un outfit impeccabile: t-shirt a righe e giacca nera) e intervistare lei stessa queste sette grandi libertine. I luoghi dai quali prendono avvio le storie non sono casuali, ognuna dà appuntamento all’autrice in posti significativi della loro vita. Per esempio, Apollonie Sabatier sceglie per l’incontro con Vanna Vinci la statua Donna morsa da un serpente esposta al Museo D’Orsay, che la raffigura nuda e all’apice del piacere sessuale. Mentre la contessa Valtesse de La Bigne si fa trovare al Musée des Arts Décoratifs di fonte a un letto da parata, «l’altare consacrato al piacere» come dice lei stessa. Nel viaggio che compiamo all’interno del libro, non c’è mai, da parte dell’autrice, alcun giudizio morale sulla vita e l’operato di queste donne ma si percepisce un’umana simpatia per coloro che sono riuscite a vivere fuori dagli schemi della loro epoca.
Nelle tavole si ritrova un’accurata ricostruzione storica degli ambienti e dei costumi, sicuramente frutto di un attento lavoro di ricerca, che permette a noi lettori di immergerci in pieno in quella Parigi così lontana e ricca di fascino. I colori usati, per lo più caldi, richiamano l’aspetto carnale delle vicende e i frequenti nudi che troviamo tra le pagine non sono mai volgari ma allusivi della sensualità che caratterizzava queste donne libere.
Parle-moi d’amour è un volume da leggere per scoprire sette storie dimenticate, sette donne rivoluzionarie per la loro epoca. Con ogni nuova opera Vanna Vinci è in grado di alzare l’asticella delle aspettative, chissà dove ci porterà con la prossima graphic novel?
Vanna Vinci (Cagliari 1964) emerge nel mondo del fumetto all’inizio degli anni ’90 e si è imposta come autrice di prima grandezza, seguita e apprezzata non soltanto dal pubblico italiano. Le sue opere sono infatti pubblicate in vari paesi, tra cui Francia, Germania e Inghilterra. Dotata di uno stile personalissimo, adatto a ogni genere di narrazione, Vinci è anche creatrice della striscia umoristica La bambina filosofica (con protagonista il suo alter ego) e illustratrice di libri per ragazzi. Vive tra Bologna e Milano. Ha vinto lo Yellow Kid come miglior disegnatore di fumetti nel 1999, il Gran Guinigi nel 2005. Nel 2001, il suo libro L’età selvaggia ha vinto il premio Romics come miglior opera di scuola europea.
Sara Simoni
Foto in alto: Vanna Vinci
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