La verità, vi spiego, sulla stanchezza dell’autrice, delle donne, di tutti. Ma anche sulla gioia, sul tempo, e sull’amore che solleva. Le dodici fatiche di Ercole rivisitate e raccontate nell’ultimo libro della blogger che “ci asma”.
Enrica Tesio è di Torino, ha poco più di quarant’anni e da venti lavora come copywriter. Ha una laurea in lettere moderne con indirizzo cinematografico e nel 2015 ha pubblicato per Mondadori La verità, vi spiego, sull’amore, dal quale è stato tratto un film con la regia di Max Croci. Due anni dopo è uscito per Bompiani Dodici ricordi e un segreto. Nel 2019 ha pubblicato la raccolta di poesie Filastorta d’amore. Rime fragili per donne resistenti (Giunti Edizioni), che è diventata uno spettacolo teatrale in giro per l’Italia. A gennaio scorso è uscito il suo ultimo libro Tutta la stanchezza del mondo, pubblicato da Bompiani. Ha tenuto diverse rubriche su La Repubblica e Donna moderna.
C’è molto di lei, in questo ultimo libro Tutta la stanchezza del mondo, ma c’è tanto anche di me, questo pensavo, mentre lo leggevo. L’ho sentito un libro vero, in cui c’è molto di tutte e di tutti. Durante la lettura si ride, ci si commuove, si riflette, si relativizza. C’è tanta osservazione, tanta analisi di molte dinamiche della società attuale. Per lei è stato il risultato di un lavoro di anni o ha preso forma in un tempo relativamente breve?
«L’idea è nata nel marzo del 2021, in cinque mesi il libro era finito. Va detto che però raccoglie tanti episodi e riflessioni che ho maturato negli anni, quindi in qualche modo è il risultato di un percorso che riguarda la mia età adulta e forse l’ingresso nell’età adulta di tutta la mia generazione.»
«Fai della tua passione il tuo lavoro e… presto non avrai più una passione», si legge nelle prime pagine, dove scrive che la nostra abitudine, tutta occidentale, di prendere alla lettera gli insegnamenti orientali ha fatto più danni dell’amianto. Ho riso tanto, di un riso amaro, pensando al rapporto che molti di noi hanno nei confronti del proprio lavoro. Il suo lavoro (anche) come scrittrice le è capitato o lo desiderava fin da piccola?
«Il mio lavoro come copywriter in un’agenzia di pubblicità è capitato totalmente per caso, io facevo la cameriera davanti all’università che frequentavo (poco, devo ammetterlo). Ho conosciuto lì un nostro cliente abituale che aveva una piccola agenzia di grafica, gli serviva qualcuno che scrivesse i testi. Io stavo finendo lettere moderne e mi sono proposta, ci eravamo simpatici. Avevo ventun anni e non ho più smesso. Tutto quello che mi è capitato di bello dal punto di vista lavorativo riguarda gli incontri, il rapporto con le persone e la comunicazione, su questo ho avuto grande fortuna nel trovare la persona giusta al momento giusto. Anche con la scrittura è andata così: avevo iniziato a scrivere un blog e subito sono stata contattata da Giulia Ichino, allora editor Mondadori, lei mi è capitata e meno male perché è ancora la persona di riferimento per ogni mio libro.
Il successo infatti è arrivato con il suo blog, ormai diversi anni fa, dal titolo Ti asmo. Perché questo titolo?
«Il titolo vero è Prima o poi l’amore arriva e t’incula, ma non si può dire in società. Ti asmo è l’url e parte da un meme che sovrappone amore e asma, a volte confondiamo l’assenza di respiro con una passione passeggera.»
Sempre sul blog, nella biografia iniziale, aggiornata via via durante gli anni, mi ha fatto tanto sorridere l’ultimo aggiornamento, in cui si descrive come una madre di tre figli, con due gatti, un mutuo, un affitto, un amore: che lei spera sia l’ultimo perché sta invecchiando. Pensa che l’undicesima fatica, quella dell’amore, si alleggerisca con l’età, o perlomeno si modifichi?
«Penso che Dario, l’uomo con cui sto, sia l’amore della mia vita, ma che se lo avessi trovato prima forse non avrei avuto i mezzi e la maturità per godermelo completamente. L’età mi ha insegnato a essere meno dolorista, a pensare che è amore anche se non fa male, anzi lo è proprio perché non fa male.»
Sempre a proposito dell’invecchiare, leggevo proprio stamani di Sarah Jessica Parker, che ha deciso di non fare uso di chirurgia estetica ed è stata sottoposta a impietosi commenti sul suo aspetto attuale, a distanza di vent’anni dal suo Sex and The City. Lei cosa pensa delle persone più o meno famose che ritoccano il loro aspetto, a volte fino allo sfinimento, e che rapporto ha con i suoi segni del tempo che avanza?
«Scherzo spesso sulla vecchiaia, che ognuno deve gestire come meglio crede. Io non mi sono mai rifatta un naso rotto due volte, figurarsi se mi metto a contrastare i segni del tempo, sarebbe come intervenire su un dettaglio quando l’impianto lascia a desiderare. La personalità però non ha età, io gioco molto su quella, non mi sono mai trovata figa, ma vedo che la gente mi ha sempre trattata come se lo fossi. Quindi va bene così, evidentemente ognuno ha il suo pubblico, l’importante è trovarlo.»
Quanto è importante ridersi addosso? Ha sempre creduto al sorridi-alla vita-e-la-vita-ti-sorriderà oppure lo ha imparato a suon di lacrime e musi lunghi?
«Come dicevo sono stata una dolorista, ho pensato che il dolore ti insegnasse le lezioni più importanti nella vita. Oggi penso che l’amore sia l’unico insegnante. Sono diventata una romanticona che non sorride più per legittima difesa, ma perché la tristezza non dona davvero a nessuno.»
Le cose che scrive ci mettono di fronte alle debolezze di questa nostra epoca così liquida, in cui sembra che l’unica cosa che conta sia “stare sul pezzo” costantemente, circondati da quei curiosi personaggi che lei definisce happycondriaci. Le è stato utile metterle nero su bianco? Ha fatto delle scoperte, scrivendole?
«Mi sono molto divertita a fare ricerca, a definire un pensiero più profondo basato su sensazioni che avevo solo per istinto. L’obbligo della felicità, il capitolo in cui ne scrivo, mi ha fatto scoprire perché mi urtano così tanto gli slogan sul fiorire e sulla resilienza.»
Com’è stata l’esperienza del cinema, quando il suo libro La verità, vi spiego, sull’amore è diventato un film, nel 2017?
«Ho ricordi bellissimi di quel periodo, tutti legati a Max Croci, il regista e amico fraterno che purtroppo non c’è più. Fu un’estate torinese di risate, pettegolezzi e vera intimità.»
Tutta la stanchezza del mondo inizia con la dedica «A Dario che mi solleva», che trovo bellissima. Dario è il suo compagno: vi sollevate a vicenda? Lei crede che esista un sollevare tipico degli uomini e uno più femminile o pensa che siano totalmente amalgamabili?
«Dario è l’uomo più uomo che io abbia mai conosciuto, pur avendo una cura per i bambini molto profonda, che forse di solito si attribuisce alla maternità. Dario mi solleva perché toglie il peso alle cazzate quotidiane, alle isterie, me le fa apparire per quello che sono: perdite di tempo. Mi sgrida anche quando vede che do importanza a minuzie, è molto concreto pur non avendo, come me, la capacità di gestire le incombenze burocratiche. Penso che sia un approccio più maschile, sì, ma non amo le generalizzazioni. È semplicemente l’unica persona al mondo di cui mi fido ciecamente.»
Una delle cose che più mi ha colpita, nel suo ultimo libro, è stato leggere che secondo lei è stato «cullando un neonato che il mondo ha iniziato a pregare, le ninnenanne, i valzer sul posto, il fiume di shhh ripetuti, la fatica e la penitenza, è da lì che vengono le danze dei dervisci, il Nam-myoho-renge-kyo, i nostri rosari, perché quando addormenti un bambino c’è penitenza, c’è speranza e disperazione, anzi c’è l’unione delle tre, c’è consolazione.» Beh, che dire: se solo l’avessi conosciuta prima, cara Enrica, sarebbe stato tutto molto più riposante, come galleggiare nella stanchezza. Ma di sicuro lo sarà da qui in avanti, quindi un grande grazie, ci vediamo sul suo blog.
«E magari in giro per l’Italia per qualche presentazione. Ci conto!»
Elena Marrassini
Foto in alto: Enrica Tesio
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