Erna Corsi stimolata dalla Donna sdraiata (1917) del tormentato artista austriaco ci regala questo breve e sorprendente racconto.
Inizio a sentire freddo. Non so da quanto tempo sono qui stesa, immobile. Sento il gelo delle piastrelle che lentamente sale attraverso l’asciugamano umido, arrivando fino alla mia pelle nuda e fin dentro le ossa. Lo sapevo che sarebbe finita male, ma non ho saputo resistere, ho voluto seguire il mio istinto. Già, complimenti. Geniale, proprio. Sento le docce gocciolare in un punto imprecisato dietro la mia testa, fuori dalla mia visuale. Fisso quelle macchie di umido sul soffitto da così tanto tempo che ormai ci vedo paperelle e orsetti, come quando i bambini guardano le nuvole. C’è un neon disallineato rispetto agli altri. Se solo potessi coprirmi sarebbe tutto un po’ più sopportabile. Non ho mai avuto il tempo di guardare questo posto. Azzurre? Le piastrelle sulla parete sono azzurre? Non l’avrei mai detto, eppure faccio la doccia qui almeno tre volte a settimana, sempre di corsa. Esco dal lavoro, mi butto nel traffico, cerco parcheggio, borsone in spalla, completino super trendy e mi faccio tutta la scheda con il personal trainer; poi tapis-roulant allo sfinimento, stretching e doccia. Piastrelle azzurre: no, non lo avrei mai detto. Non ho più la minima idea di che ora sia. Sono sempre l’ultima a fare la doccia, quando non c’è più nessuno; ormai la palestra dovrebbe chiudere. Sicuramente controlleranno i bagni prima di spegnere le luci e andarsene! Vedo il mio borsone mezzo rovesciato sulla panca e un liquido denso che sta colando sul pavimento. Lo sapevo, lo sapevo che era il giorno sbagliato per qualsiasi cosa: già scendendo dal letto ho pestato il gatto e ho rovesciato il barattolo del caffè prima di riuscire a riempire la moka. Milli, povera Milli. Sarà affamata; cosa penserà, non vedendomi tornare? Roteando gli occhi riesco appena a scorgere l’angolo superiore della porta d’ingresso. Azzurra pure quella. E sempre immobile. Non arriva nessuno. Mi sale l’ansia e non so che fare per attirare l’attenzione. Se solo avessi fatto più rumore: che so, un grido, una porta sbattuta. Ormai è troppo tardi. Fisso ancora per un po’ quel neon storto come per prendere commiato da lui, unico compagno di questa avventura solitaria e triste.
Ok, mi arrendo. Me ne vado; raccolgo l’asciugamano che è quello del corredo buono. Accidenti sono tutta intorpidita, mi verrà un malanno per il freddo che ho preso. Mi si sono anche bagnati i capelli, che schifo. Devo inventare un altro modo per farmi notare da questo stronzo maleducato che non si degna di farsi vivo quando mi fingo quasi morta per lui!
Foto in alto: Donna sdraiata (1917) Egon Schiele
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