Con Debora Menichetti alla scoperta delle più grandi scrittrici italiane del Novecento. Serena Betti legge Ma, sì sempre.
Un addio all’amore più forte che avesse mai vissuto. Ossessionati l’una dall’altro, Sibilla Aleramo e Dino Campana vivevano un amore malato, accecante, folle, violento, che la costrinse a rinunciarvi per aver salva la vita. Quando s’incontrano hanno alle spalle vicende e accadimenti che avevano reso le loro anime intrise di sofferenza e depressione, che vivono in modi diversi. Dino era un uomo dal carattere difficile, passava da reazioni d’ira incontenibili a momenti di reclusione in una profonda tristezza, che lo rendevano poco socievole, raggiungendo in alcuni casi vette di tensione emotiva talmente alte da rendere il suo linguaggio incomprensibile. La motivazione c’era, era affetto da una forma particolare di schizofrenia che però riuscì a incanalare e placare attraverso la scrittura. Sibilla non era lontana da questo mondo a causa della condizione di sua madre che morì in un ospedale psichiatrico. Affascinata dalla poetica di questo scrittore, si innamora anche dell’uomo immergendosi così in una relazione fortemente passionale che nel tempo si trasforma in lotte e lacrime.
Rina Faccio, alias Sibilla Aleramo, quando conosce Dino è una donna vigorosa, combattiva, solare e impegnata che si era lasciata alle spalle una violenza fisica, non riconosciuta come tale in quell’epoca. Un matrimonio riparatore e un figlio di cui le verrà impedito l’affidamento dal marito che l’ha oppressa fino al punto di spingerla a tentare il suicidio. Racconterà tutta la storia nel romanzo autobiografico Una donna (1906), dove descrive minuziosamente il suo difficile percorso di vita dall’infanzia fino alla rottura del matrimonio evidenziando il diritto di tutte le donne a una vita libera e consapevole, contro le costrizioni e le umiliazioni imposte dall’ideologia della società borghese dell’epoca.
L’amore tra Dino e Sibilla si conclude con un addio epistolare da parte di lei quando Dino viene rinchiuso in un ospedale psichiatrico dove rimarrà fino alla morte: «Ti mando dei versi qualunque, soltanto perché tu veda che anch’io in questi giorni pensavo che la “vita è un circolo vizioso”… Ma lo pensavo diversamente da te, mio povero Dino. Del resto, se ho ancora la grazia di sentire in qualche attimo il ritorno eterno della purezza nel mondo, non soffro però meno. Dino, ti amo ancora. In questi tre mesi son rimasta fedele alla mia passione, in un modo che tu non puoi forse neppur immaginare. Ma, mentre sono ancora così tua, ti dico a mia volta addio. Non so che cosa mi aspetta. Forse le primavere, se torneranno per me, torneranno tutte come questa, deserte. […] Addio, Dino, che tu possa ritrovar la poesia nella tua anima – e ricordarti qualche volta dell’anima mia.»
Per La poesia nel dì di domenica, Serena Betti legge per noi Sibilla Aleramo. Buon ascolto.
Ma sì, sempre
Sento che sorrido,
intenerita,
c’è pudore e c’è grazia puerile
in questo che m’investe,
sola,
tremore improvviso,
oh luce tra le rame gemmate,
sera che avvicini la primavera,
sento che sorrido,
intenerita,
cosi tersa cosi lieve e presente
la vita,
con un suo senso anch’essa di casto bene,
ridente,
di un’ora che torna, torna, ma si, sempre
di un’ora sospesa,
oh nuova!
Debora Menichetti
Foto in alto: Sibilla Aleramo
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