Keep breathing, respirare per affrontare la vita

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Ritrovarsi sperduta in una foresta canadese segna una svolta importante per una giovane avvocata troppo chiusa in se stessa.

Qualche settimana fa l’enorme bacino di Netflix ha aggiungo una nuova serie ai propri contenuti. Keep Breathing è una miniserie in sei puntate che ha come protagonista Liv, (interpretata da Melissa Barrera), un’avvocata che rimane intrappolata sulle inospitali montagne canadesi dopo un incidente aereo. Dovrà ingegnarsi per sopravvivere, per trovare il modo di mettersi in salvo. La sua naturale razionalità le permetterà di fare ragionamenti sensati e mantenere il controllo, come fa da sempre, d’altronde. Ma dietro all’immagine così rigida e perfetta di una giovane donna in carriera, si nasconde molto di più. L’incidente costringe Liv ad affrontare i suoi demoni più terribili, che non sono affatto quelli delle foreste nordamericane.

Frequenti flashback ci raccontano la sua storia, il rapporto conflittuale con il padre, l’abbandono della madre. E proprio questa paura dell’abbandono induce Liv a non lasciarsi andare, a dover tenere tutti a distanza, soprattutto chi la vorrebbe amare. Le rare volte in cui perde il controllo fa uscire una parte di sé spontanea, solare. In un certo senso le cambia il volto, il sorriso la illumina, la distende. Si percepisce quella leggerezza che si ostina a non voler vivere, a non dover mostrare. È rinchiusa dentro una corazza molto spessa e le rare volte che qualcosa, o qualcuno, fa breccia, corre subito a rattopparla.

La lotta per la sopravvivenza sarà anche un viaggio dentro se stessa. Affronterà demoni, paure, dolore, insicurezze e sensi di colpa. Keep breathing, letteralmente “continua a respirare”, è esattamente quello che Liv fa. Continua a respirare per non morire, per non cedere alla disperazione. Prende fiato quando si tuffa in acqua e nel proprio passato, riemerge e respira ancora. È la cosa più naturale del mondo, la prima che facciamo appena usciamo dal grembo materno. E Liv respira, piange, si scoraggia, rivive sofferenze, ammette sbagli, ma soprattutto continua a respirare dopo ogni difficoltà, sia pratica che emotiva.

Nella narrazione si apprezza la tenacia di Liv, sia quando combatte per salvarsi la vita, sia quando s’impone di mantenere un certo rigore. Ma, mentre nel primo caso la sua ostinazione la salva, nel secondo, invece, le preclude sia la serenità dei sentimenti che la pace interiore. Liv è una donna forte e determinata, che però non lascia spazio agli altri per paura della sofferenza. Questo suo essere così chiusa non solo è controproducente, ma anche poco femminista, secondo il mio modo di vedere. La donna non deve sempre essere forte, retta, giusta, inquadrata. La donna ha il diritto di cadere in tentazione, cedere, franare sotto il peso dei desideri e delle emozioni senza per questo sentirsi sbagliata. L’essere sempre così inaccessibile per paure di vario genere non salverà nessuna, anzi precluderà tante cose.

Le persone giudicano, feriscono e deludono comunque, allora perché non vivere completamente la propria vita? Perché non lasciarsi andare? Non è più il tempo dell’immagine da dover mantenere, del copione da seguire, è il tempo della libertà individuale anche femminile, soprattutto femminile. Liv questo lo capisce, forse grazie all’incidente aereo, forse perché era arrivato il momento, per lei, della consapevolezza. Non si può non vivere per paura di morire; questa è una grandissima verità che chiunque, in qualsiasi ambito, dovrebbe imparare a tenere a mente, io per prima.

Serena Pisaneschi 

Foto in alto: Una scena di Keep breathing

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