«Ricordo gli anni di Modesta come qualcosa di meraviglioso. Un sogno bellissimo» scriveva Goliarda Sapienza.
A Gaeta c’è una piccola piazza che interrompe la lunghissima e stretta Via Indipendenza, la via del centro vecchio piena di negozi, con le cassette di frutta e verdura esposte e le signore anziane sedute sulle sedie vicino ai loro banchi, dove si va per mangiare un’ottima tiella. E chi vuole può sedersi su delle bellissime panchine a forma di libro aperto. Si chiama piazza Goliarda Sapienza perché proprio in un vicoletto d’angolo ha vissuto gli ultimi anni della sua vita l’autrice de L’arte della gioia.
Sulla parete della sua casa, che si affaccia sulla piazza, è disegnato un albero con brevi testi di scrittori locali e internazionali che citano questa bella città sul mare. E su una saracinesca sempre chiusa c’è una sua frase: «Non amo la musica, i romanzi o i quadri per poi fare bella figura in società, ma per viverli solamente, senza impegno. Questa è la vera gioia dell’arte: chi non riesce a goderne è perché ascolta, legge o guarda solo per farsene un’arma di potere.» L’arte della gioia è un romanzo epico, potente, trascinante, pieno di passione, anche scandaloso. È un romanzo storico e politico che attraversa buona parte del ‘900. Ma soprattutto è uno di quei romanzi bandiera dell’autodeterminazione femminile.
La protagonista, Modesta, è una bimba tosta e curiosa che nasce in Sicilia in una famiglia molto povera. Subisce abusi dal padre e dopo una disgrazia viene dapprima accolta in un convento e poi va a servizio in una famiglia aristocratica di cui si guadagnerà la fiducia e arriverà ad amministrarne il patrimonio. È una donna autentica, passionale, si innamora e fa innamorare di sé uomini e donne. Vive fuori dagli schemi, non si arrende di fronte alle difficoltà, ha una libertà di pensiero impensabile per le donne di quel periodo ed è mossa da una grande ambizione. È una sfidante. Ma l’amore è il suo motore, l’amore per la vita che ama in tutte le sue forme.
«Chi sa cos’è la vecchiaia? Quando comincia?… davanti alla porta chiusa di quella parola paurosa la tentazione di entrare, osservare tutto ti prende, vero Modesta? Certo a ogni cantone, dopo aver imboccato quella porta, puoi incontrare la tua morte. Ma perché aspettarla lì fuori, le spalle curve, le mani molli nel grembo? Perché non andarle incontro e sfidarla giorno per giorno, ora per ora, rubando a essa tutta la vita possibile?» In questa frase per me è racchiusa l’essenza, la filosofia di Modesta, la straordinaria e indimenticabile protagonista di questo libro, una donna che ha vissuto con coraggio, forza, determinazione e caparbietà ogni momento della sua vita, anche i più dolorosi.
A L’arte della gioia Goliarda Sapienza ha lavorato per nove anni, dal 1967 al 1976 ma il libro venne rifiutato da tutte le case editrici a cui il marito e curatore Angelo Pellegrino si rivolse appena terminato. Stampa Alternativa pubblicò nel 1994 la prima delle quattro parti di cui è composto, nella collana Eretica, e nel ‘98 la prima edizione integrale. Goliarda Sapienza però non ha avuto la gioia di tenere in mano il suo libro, quello a cui teneva di più, perché è morta nell’agosto del 1996 per un attacco cardiaco. La sua fama in Italia è arrivata dopo il grandissimo successo in Germania, Francia e Spagna. Einaudi lo pubblica nel 2008.
Goliarda Sapienza era legatissima a questo romanzo e soprattutto a Modesta. Non è autobiografico, ma leggendo la storia della sua vita sicuramente si possono trovare molte similitudini. Ha scritto altri libri che sono stati pubblicati, ma nei suoi Taccuini (due raccolte, pubblicate sempre da Einaudi, dei suoi appunti scritti a mano, circa ottomila pagine) che sono una sorta di diario spesso nomina Modesta: «Quarto giorno a Gaeta: sento di nuovo gli odori. Non sono riuscita né a leggere né a lavorare. L’ansia per la sorte di Modesta struscia molle e viscida fra le costole e il cuore, ma è giusto così e non combatto. Lascio che questo serpentello o topo d’ansia spazi nel mio torace e qualche volta morda con i suoi denti la mia carne.»
«Ricordo gli anni di Modesta come qualcosa di meraviglioso. Un sogno bellissimo. Lavorare alle sue avventure mi chiudeva in un forziere caldo adorato; stretta in quei pensieri la maledetta realtà restava distante.»
In una mia piccola e recente vacanza a Gaeta ho avuto la fortuna di parlare con persone che l’hanno conosciuta e che mi hanno confermato la sua passione per la scrittura, ma soprattutto la sua grandissima umanità. Ai ragazzini pareva proprio strana, ma si faceva amare con questo suo sorriso aperto, la sua curiosità.
Era impossibile non notare questa donna che usciva di casa sempre con una borsa di tela sulle spalle che conteneva fogli bianchi e fogli con appunti, una penna Bic gialla e tante, tante sigarette Muratti che fumava in continuazione. La borsa era il suo ufficio mobile. Le bastava una panchina, un angolo roccioso sulla spiaggia di Fontania o un tavolino al Bar La Triestina e passava ore a scrivere, e fumare.
Ho amato molto questo libro, ho amato molto Modesta e ancora di più la sua autrice che ha avuto una vita molto tormentata ed è morta sola. La sua storia è narrata molto bene nell’ultimo episodio di Morgana, il podcast curato da Michela Murgia e Chiara Tagliaferri alle donne controcorrente, fuori dagli schemi, che consiglio di ascoltare. Vorrei che ogni donna leggesse la storia di Modesta prima o poi nella sua vita, ben sapendo che è uno di quei libri che si amano o si odiano. Io ho ringraziato e salutato Goliarda Sapienza, per tutto quello che mi ha donato, sulla spiaggia di Fontania!
Serena Betti
Foto in alto: Goliarda Sapienza
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Bellissimo questo articolo. Come non innamorarsi di Goliarda Speranza ? Grazie di avermi presentato un’appassionata autrice, opportunamente, controcorrente.