Una bambina che viaggia con il circo, una madre appesa a un filo, una sorella a metà e un cane freddo come il ghiaccio.
Autrice di Perché il bambino cuoce nella polenta, Aglaja Veteranyi è di origini rumene ed è fuggita con la famiglia nel 1977 dal regime dittatoriale di Ceausescu. Questo libro venne pubblicato per la prima volta nel 1999, in lingua tedesca (Keller editore, 2019 per l’Italia). La prosa a tratti è sconnessa e lascia un vago senso di spaesamento nel lettore, l’impaginazione segue regole sconosciute a chiunque, lasciando molte pagine quasi vuote, spesso con un’unica frase a galleggiare sperduta. La traduzione in certi punti sembra fatta da Google, con la versione vecchia però, perché quella nuova se la cava piuttosto bene.
«LASCIO CADERE LA MIA PELLE SUL PAVIMENTO.» Aglaja Veteranyi
Eppure… eppure è un libro che dovreste leggere. Con lo scorrere delle pagine si delinea nella mente il quadro completo. È il racconto di una bambina semi analfabeta che vive in un frullatore di emozioni e situazioni inadatte alla sua età. Si può provare lo sconcerto che la mancanza di punti fissi crea nella sua mente, la disperazione generata dalla paura di rimanere sola, l’ansia per la ricerca spasmodica di un appiglio solido e il desiderio di riscatto, più forte di tutto il resto. Allora prosa sconnessa, impaginazione troppo creativa e traduzione apparentemente delirante acquistano senso e significato.
La vita del circo è errante per definizione, priva di legami se non, forse, quelli con gli altri artisti e con gli impresari: infinite città diverse, ma nessuna è casa. L’esilio forzato dalla Romania, terra natale dei suoi genitori, rende ancora più effimero il miraggio di un luogo dove fermarsi.
«SOGNO CHE MIA MADRE MUORE. IN EREDITÀ MI LASCIA UNA SCATOLA CON IL BATTITO DEL SUO CUORE.» Aglaja Veteranyi
L’immagine inquietante offerta dal titolo diviene il rifugio in cui tutto il resto svanisce, per qualche breve momento.
Perché il bambino cuoce nella polenta è uno spaccato fin troppo realistico di ciò che ha prodotto la politica europea degli ultimi decenni. È la lettera che ci fa comprendere il gesto di una suicida, spirata troppo giovane nella acque del lago di Zurigo. Che la terra ti sia lieve, Aglaja.
Erna Corsi
Foto in alto di Erna Corsi
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