Ci sono leggende che si portano dietro storie, Murgia in questo romanzo ce ne racconta una affrontando un tema tuttora divisivo.
Accabadora è un romanzo di Michela Murgia, edito nel 2009 da Einaudi, vincitore nel 2010 del Premio Campiello. L’autrice ci porta nella Sardegna degli anni ’50, a Soreni, un piccolo paese dove tutti si conoscono. Protagonista del libro è Maria Listru, una bambina povera, quarta figlia di madre vedova, che verrà accolta come fillus de anima da Bonaria Urrai, una donna benestante che non si è mai sposata.
La piccola Maria si trova così catapultata in un mondo che non conosce, fatto di cose solo sue e stanze in cui può entrare. Cresciuta all’ombra delle tre sorelle maggiori e dipinta quasi come la figlia scomoda, trova in Bonaria Urrai la figura materna che nei suoi primi anni di vita le è completamente mancata.
C’è però un segreto che Bonaria tiene nascosto a Maria, una segreto che conoscono tuttə ma che la ragazza ignora. Bonaria non è solo la sarta del paese, ma è anche colei che si prende carico di portare la morte a quelle persone malate o inferme che la richiedono. È l’accabadora. Quando lo scopre, Maria rimane sconvolta. Ha un duro scontro con Bonaria e decide di allontanarsi da quella verità così difficile da accettare andando a Torino per lavorare come bambinaia per una famiglia benestante.
Solo dopo qualche tempo tornerà a casa, al capezzale di quella donna che le è stata madre molto più di quella che l’ha messa al mondo. Attraverserà momenti di profonda riflessione, anche di ripensamento, di fronte a una realtà concreta e difficile, vedendola finalmente con altri occhi, quelli di Bonaria Urrai. Si troverà al cospetto di quell’atto di pietà che oggi chiamiamo eutanasia e che, anni prima, aveva fortemente condannato.
Murgia riporta alla luce una figura controversa, quella dell’accabadora, che ancora oggi è sospesa tra leggenda e verità. Racconta una realtà popolana, rurale, contadina, intrisa di tradizioni e credenze. Per farlo usa in modo magistrale le parole, più di una frase mi è rimasta impressa sia per la sua essenzialità che per l’accurata costruzione atta a rendere un’immagine in modo perfetto. La prosa di Murgia è asciutta ma schietta, a tratti definitiva. Davvero un libro piacevole sotto ogni punto di vista, un libro che ha il potere di sorprendere, appassionare e catturare chi legge o ascolta.
Serena Pisaneschi
Foto in alto: Michela Murgia
© RIPRODUZIONE RISERVATA