Le nuotatrici: l’epopea di due sorelle che lottano per raggiungere la libertà

le nuotatrici
Sarah e Yusra Mardini fuggono dalla Siria per portare in salvo la famiglia, affrontando un viaggio tanto difficile quanto umano.

È da poco uscito su Netflix il film Le nuotatrici, per la regia di Sally El Hosaini. La storia raccontata è quella di Sarah e Yusra Mardini, le due sorelle siriane che nel 2015, fuggendo dalla guerra, hanno trascinato a nuoto un gommone carico di rifugiati nel Mar Egeo. Una volta arrivate nell’isola di Lesbo, le sorelle Mardini intraprendono un viaggio estenuante che le porterà fino a Berlino. Il loro scopo è quello di farsi raggiungere dal resto della famiglia e poter così ricominciare una nuova vita.

Le personalità di Sarah e Yusra sono molto diverse. Sarah è desiderosa di una nuova vita e sente molto forte la pressione dell’emergenza umanitaria mondiale. Yusra, di qualche anno più giovane, coltiva il grande sogno di gareggiare alle Olimpiadi di Rio rappresentando il proprio Paese. Il viaggio che compiono non è solo sfiancante dal punto di vista fisico. È un viaggio umano, che le metterà in connessione con donne, uomini e bambini di provenienza diversa ma con lo stesso sogno: fuggire dal dolore e dalla guerra per raggiungere la libertà a cui ogni individuo ha diritto. Guardando il film assistiamo a scene che ogni tanto vediamo passare nei telegiornali o sentiamo raccontare, solo che stavolta, quelle scene, le vediamo da dentro. Il gommone rattoppato e troppo carico che imbarca acqua, la paura nelle preghiere e nei pianti, in una notte racchiusa nel buio di mare e cielo. L’approdo sulla terraferma, il sollievo e la sete. Impressionante è la distesa infinita di giubbotti di salvataggio abbandonati sulle rive di Lesbo, un’immagine che da sola sferra un colpo potente all’anima. Poi i mercenari che guadagnano sulla fiducia sprovveduta di chi non ha che la speranza, i piedi nudi, i centri di accoglienza, il terrore sottile e insistente di aver sbagliato scelta.

Le nuotatrici non racconta solo l’epopea di Sarah e Yusra Mardini, l’inseguimento di un sogno olimpico e la ricerca estenuante di un futuro in cui poter essere al sicuro. Racconta il viaggio di milioni di persone, la fuga da qualcosa che, evidentemente, è molto peggio del pericolo del cammino. All’inizio vediamo le sorelle ballare in un locale mentre a poche centinaia di metri cadono le bombe. Le vediamo importunate sessualmente dai soldati. Poi assistiamo a una gara di nuoto di Yusra che verrà interrotta dall’ennesimo bombardamento. La regista non risparmia la verità, non indora la pillola.  Racconta la disperazione di chi scappa, il sogno del futuro, ma anche la crudeltà del viaggio. È questa la parte che non vediamo mai. La guardia costiera che nega l’aiuto a un gruppo di persone che sta rischiando di morire in mare perché non è la loro politica. Gli abitanti dell’isola che negano acqua per dissetarsi. Animali sotto forma di uomini che violentano le donne. Fame, polvere, vesciche ai piedi, stanchezza, caldo, ma soprattutto paura.

Tutto questo non si legge, non si vede, non ci viene detto mai, ma esiste ed è la parte più potente del film. Sarah e Yusra sono donne forti e hanno avuto la fortuna di raggiungere il loro scopo. Yusra ha partecipato alle Olimpiadi di Rio con la Squadra Olimpica dei Rifugiati (R.O.T.) (bellissimo il discorso incoraggiamento che le farà sua sorella) e Sarah è diventata un’attivista, ma in quanti non ce l’hanno fatta? In quanti sono morti o hanno fallito nella loro ricerca della libertà? Tanti, troppi. So che molti pensano “potevano restare a casa loro” e forse è vero, ma personalmente credo che se una persona mette a repentaglio la propria vita e quella dei propri cari in un viaggio così pericoloso, molto probabilmente quel posto che chiamiamo la loro casa non è poi così sicuro e accogliente come una vera casa dovrebbe essere. Non si scappa da qualcosa che ci dà pace, libertà e sicurezza, si scappa da qualcosa che tutto questo ce l’ha tolto. Si scappa dall’incubo per inseguire il sogno, solo che a volte i sogni si realizzano, altre volte finiscono in fondo al Mar Egeo come le medaglie di Yusra.

Serena Pisaneschi

Foto in alto: Una scena del film

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