Pillole di Femminile – Storie piccole che raccontano un mondo grande #26

Unico nel suo genere di Velma J. Starling: «Beppe Mancuso ha cinquantotto anni ed è orgoglioso di essere stato un pioniere. Un precursore, uno che ha scelto una strada tutta sua.»

Pillole di femminile, la rubrica per riflettere su alcuni piccoli grandi temi legati alla vita di tutti i giorni.

Beppe Mancuso ha cinquantotto anni ed è orgoglioso di essere stato un pioniere. Un precursore, uno che ha scelto una strada tutta sua.

Beppe, ovviamente, sta per Giuseppe. Fa l’elettrauto: è stato apprendista per qualche tempo, dopodiché ha chiesto un prestito in banca e ha rilevato l’officina. Nel giro di vent’anni si è ripagato tutto, risparmiando ogni minimo soldino. Vive con la compagna, Serenella, in un trilocale in affitto. Lei fa la maestra elementare e tutti i pomeriggi va un’oretta in officina per dargli una mano con le fatture, ché lui si perde sempre qualcosa per strada.

Non si considera un tipo eccentrico, e ci tiene che questa cosa sia chiara. Per esempio veste sempre con jeans e una felpa, al massimo la tuta da ginnastica se esce per una corsetta al parco. E ovviamente la salopette di tela blu al lavoro, perché se non hai la salopette di tela blu non sembri uno che traffica con le automobili. Un uomo ordinario, zero grilli per la testa, viva le cose semplici.

Unico vezzo evidente: oh quanto adora la sua barba. La pettina e la cura tutte le mattine, controlla che gli cada sul mento proprio come piace a lui, chiede a Serenella se è in ordine. Gli piace accarezzarne la punta, strofinarla fra le dita con un gesto morbido e meccanico, dall’alto verso il basso: adora la sensazione di liscio e pulito sotto i polpastrelli, e poi diciamolo, con la barba sta proprio bene (una volta ha provato a rasarla, ma quel viso sbarbato gli fa un naso che sembra Pinocchio, marònn per carità, meglio la barba che così ammortizza i lineamenti spigolosi).

Il martedì e il giovedì sera va a giocare a carte. Si incontra al Bar Sole con gente del vicinato, fa le sue partitelle a briscola o a scopone scientifico. Gli piace proprio giocare, gli frega zero di vincere o perdere, non è uno di quegli esagitati che piantano un casino per un rovescio di fortuna. Quando sono le dieci e mezza, massimo undici, Giuseppe detto Beppe saluta tutti e si avvia verso casa, fischiettando: guarda i balconi e il cielo, se non ci sono nuvole sbircia la luna e le stelle. Domani è un altro giorno.

Che altro? Un cinema ogni tanto, un pranzo domenicale con la famiglia del cognato. Piccole vacanze da spendere poco, lunghe passeggiate al parco nelle mezze stagioni, una gatta di condominio che passa spesso sul suo davanzale; Beppe la lascia entrare, le offre due crocchini e libera la sedia col cuscino più morbido. Al mattino, appena apre la finestra, la gatta scivola fuori senza nemmeno miagolare grazie. Lui ci ride su, la saluta con un cenno, chiude la finestra.

Una volta Serenella gli chiedeva come facesse a essere sempre così disteso, così paziente (anche con i clienti, che a volte, insomma, come dire… vero?). Ma in realtà lo sapeva, che la garbata felicità di Beppe arrivava dall’orgoglio, dalla coscienza di essere semplicemente ciò che era. Dalla soddisfazione di essere stato un pioniere coraggioso, un esploratore di terre all’epoca ancora incerte, e di aver trovato il suo Santo Graal.

Oddio, a guardare da fuori, non sembra mica una vita così insolita. Anzi, in tanti la ritengono banale, senza slancio. Nulla di cui essere troppo soddisfatti, giusto?

Ma lui, prima di essere Giuseppe detto Beppe, era nato Giuseppina.

Velma J. Starling

Foto in alto: di Kellepics e Nikolaos Dimou

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