I versi di oggi sono tratti da Historiae, l’ultima raccolta della poeta che si è schierata dalla parte del mondo.
Antonella Anedda, la poeta che abbiamo iniziato a conoscere domenica scorsa, ha pubblicato numerose raccolte di poesie e saggi: Residenze invernali (Crocetti, 1992, premio Sinisgalli); Notti di pace occidentale (Donzelli, 1999); Il catalogo della gioia (Donzelli, 2003), Tre stazioni (LietoColle, 2005); Dal balcone del corpo al cui interno è presente una sezione di poesie in logudorese, il dialetto della Sardegna nord-occidentale, (Mondadori, 2007, Premio Napoli); Salva con nome (Mondadori, 2012, Premio Viareggio). In prosa: Cosa sono gli anni (Fazi, 1997); il libro di traduzioni di poeti classici Nomi distanti (Empiria, 1998, con una nota di Franco Loi); La luce delle cose (Feltrinelli, 2000); La vita dei dettagli (Donzelli, 2009).
Esili, la poesia di oggi, è pubblicata nella sua raccolta più recente, Historiae, edita da Einaudi nel 2018. La cronaca di questi mesi, il dolore di quello che succede nel mare Mediterraneo, le polemiche sugli sbarchi che trattano i migranti come numeri e non considerano le vite di persone che scappano da situazioni atroci nei loro Paesi con una valigia di sogni per un futuro più umano in una terra accogliente e che vengono invece inghiottite tra le onde, mi ha fatto scegliere questa poesia dura, implacabile, fredda e al contempo ricca di colori, immagini, odori.
Sul blog Le parole e le cose, letteratura e realtà, Sara Sermin scrive: «C’è una frase di Kafka che Antonella Anedda – poeta, saggista e anche docente di Letteratura contemporanea – ha citato una volta a lezione e che da allora custodisco con cura: “Nella lotta tra te e il mondo scegli il mondo”. Una poesia politica, quella di Anedda, nella misura in cui, appunto, sceglie il mondo; e quest’ultima raccolta, forse più delle altre, può dirsi schierata: dalla parte del mondo, appunto, dalla parte di quel ‘noi’ che lo abita e che, abitandolo, costruisce la propria narrazione, la propria storia.»
La lettura di Esili è accompagnata, come sempre, dall’elaborazione video curata da Debora Menichetti.
Serena Betti
Foto in alto: Antonella Anedda
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Esili
Oggi penso ai due dei tanti morti affogati
a pochi metri da queste coste soleggiate
trovati sotto lo scafo, stretti, abbracciati.
Mi chiedo se sulle ossa crescerà il corallo
e cosa ne sarà del sangue dentro il sale.
Allora studio – cerco tra i vecchi libri
di medicina legale di mio padre
un manuale dove le vittime
sono fotografate insieme ai criminali
alla rinfusa: suicidi, assassini, organi genitali.
Niente paesaggi sotto il cielo d’acciaio delle foto,
raramente una sedia, un torso coperto da un lenzuolo,
i piedi sopra una branda nudi.
Leggo. Scopro che il termine esatto è livor mortis.
Il sangue si scioglie in basso e si raggruma
prima rosso poi livido infine si fa polvere
e può – sì – sciogliersi nel sale.