«La poesia non è mai compromesso. È la manifestazione/traduzione di una visione, un’illuminazione, un’esperienza.»
Per tutta la vita, Lenore Kandel non ha mai lasciato neanche per un attimo la sua poesia e nonostante il talento prodigioso, è stata una delle poete meno lette e apprezzate dalla critica. La sua voce esplosiva trovò comunque spazio diventando un’importante voce femminile della Beat Generation, prevalentemente maschile, nella San Francisco degli anni ’60. Lenore non era una musa ispiratrice; era una brillante poeta lirica, spesso sfacciatamente erotica, ed è qui che risiede la sua eredità.
Tutta la sua produzione poetica è ora raccolta nell’antologia Collected poems of Lenore Kandel, pubblicata dalla North Atlantic Books nel 2012, che contiene poesie scritte dai primi anni ’50 fino al 2009, anno della sua morte, e anche molti componimenti rimasti fino a quell’anno inediti: ottanta esempi della sua arte, dalla “santa erotica” dei primi anni alle opere successive, più contemplative. Alcune, più esplicite, celebrano l’amore carnale come parte del divino; altre sono divertenti e coprono argomenti più quotidiani. Un tema ricorrente è la dualità “animale-divino”.
La poesia scelta per questa domenica è estratta da questa antologia e parla d’amore; quell’amore che lei stessa vive con spontaneità e di cui non censura le parole, i pensieri, i gesti: «Amore (in inglese love) è una parola di quattro lettere, le parole veramente oscene sono odio, guerra, bomba. Se possiamo riconoscere la nostra propria bellezza, sarà impossibile per ogni essere umano recare danno ad un altro essere umano.»
Voglio ora lasciarvi con un estratto da La poesia non è mai compromesso che ci fa comprendere cosa rappresentava per Lenore la poesia:
«Due mie poesie, pubblicate in un piccolo libro, trattano d’amore fisico e dell’invocazione, riconoscimento e accettazione della divinità nell’uomo attraverso il medium dell’amore fisico. In altre parole, è un piacere. Un piacere così grande che ti rende capace di uscire dal tuo io privato e di partecipare della grazia dell’universo. Questa semplice e piuttosto ovvia formulazione, espansa ed esemplificata poeticamente, ha sollevato un furore difficile a credersi. Gran parte di tale furore era dovuto all’uso poetico di certe parole di quattro lettere d’origine anglosassone non sostituite cioè da più tenui eufemismi. Gli eufemismi scelti per paura sono un patto con l’ipocrisia e nell’immediato distruggeranno la poesia e alla fine distruggeranno il poeta. Qualsiasi forma di censura, mentale, morale, emotiva o fisica che sia, proveniente sia dall’interno che dall’esterno, è una barriera contro l’autoconsapevolezza.»
Per La poesia nel dì di domenica, Serena Betti legge per noi la poesia di Lenore Kandel. Buon ascolto.
Debora Menichetti
Foto in alto: Lenore Kandel
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Love is an art for angels
and we are human, you and I
fallible we are, and fragile
and therefore more than perfect
we take such risks who leap across the void!
perfection is static paradise
but we are human, you and I, and so we dream
and cast pure dreams before us
extending our fingertips beyond the finite edge
to brush that certainty
of ringing bliss
that resonates our dreams
impelling us to be that art
which angels strive to emulate
(da Collected Poems of Lenore Kandel, North Atlantic Books; Berkley, California, p. 206)
L’amore è un’arte degli angeli
e noi siamo umani, tu e io
fallibili siamo, e fragili
e quindi più che perfetti
noi ci prendiamo tali rischi che attraversano il vuoto!
la perfezione è un paradiso statico
ma noi siamo umani, tu ed io, e quindi sogniamo
e lanciamo i nostri sogni oltre il margine finito
per sfiorare passando la certezza
di una tintinnante beatitudine
che fa risuonare i nostri sogni
obbligandoci a essere quell’arte
che gli angeli si sforzano di emulare
(Traduzione di Dianella Bardelli)