Eppur qualcosa si muove, pare: intervista al nostro infiltrato non all’Avana, bensì a Firenze, che ha deciso di usufruire del congedo di paternità.
Dal quinto numero de L’Altro Femminile, donne oltre il consueto, scarica il PDF della rivista o sfogliala online.
Conosco Valter Brazzini da qualche anno ormai. Lo so collega attento, disponibile, di quelli a cui piace arrivare in fondo alle cose e che soprattutto te le spiega. E non è poco, credetemi, in un mondo che si muove alla velocità… della fibra ottica! Quando mi ha comunicato che si sarebbe assentato per settimane non nascondo che un sottile filo di egoistico terrore mi ha stretto la gola, ma lui ha subito arginato dicendo che lo stava facendo per un ottimo motivo e che sarebbe stato reperibile per un giorno alla settimana, il venerdì, quando tutti gli uffici della Direzione lavorano in smart working per tenere chiusa l’intera sede. Abbiamo quindi fatto una chiacchierata proprio di venerdì, in un tardo pomeriggio di primavera, alla vigilia della Pasqua.
Allora, babbo Valter, ci parli un po’ di lei, di voi neo genitori: che lavoro fate lei e la sua compagna?
«Beh… che lavoro faccio… mmm… mi faccia pensare… trasporto dati!? In effetti un po’ sì: lavoro presso la Direzione Sistemi Informativi del Comune di Firenze e mi occupo di reti, trasmissione dati e tutto quanto gira loro attorno. La mia compagna, Valentina, è impiegata in uno studio di commercialisti.»
Da quanto tempo siete genitori? È la vostra prima volta, vero? Come si chiama la bimba?
«Siamo genitori della splendida Noemi dal 13 settembre 2022 e sì, è la nostra prima figlia.»
Durante la gravidanza vi siete preparati insieme? Avete seguito qualche corso, letto libri sull’argomento?
«Sì, durante la gravidanza ci siamo preparati, a dire il vero più Valentina che io. Lei ha seguito dei corsi di preparazione, io sono andato solo a una lezione, perché ancora erano tenute in forma di teleconferenza, a causa dello strascico della pandemia. Insomma ecco, non i classici corsi preparto fatti tutti insieme, ma solo on-line e una lezione dove ho partecipato anch’io in presenza per un colloquio con l’ostetrica.»
Ha assistito al parto? Le è servito, ha capito delle cose in più riguardo alla sua compagna e al mondo femminile?
«Certo, ho assistito a tutte le fasi, dall’inizio del travaglio fino al parto vero e proprio. È stata un’esperienza veramente emozionante e unica. Non mi perito a dirlo: dall’emozione, quando Noemi è venuta fuori mi sono lasciato andare a un pianto di felicità. E sì, tutto ciò che ho capito da questa cosa penso lo si possa racchiudere in una frase che ho detto a Valentina qualche giorno dopo, quando eravamo tornati tutti a casa nel nostro ambiente. Le ho detto “penso che, se non fosse per voi donne e dipendesse da noi uomini, il genere umano si sarebbe già estinto”.»
Quando ha maturato l’idea di usufruire del congedo di paternità? Lo avete deciso insieme?
«Lo abbiamo deciso insieme, ovviamente. L’idea è maturata nel tempo, via via che si avvicinava il momento. È stata una risoluzione dettata da due fattori: in primis, ho detto a Valentina che, se lei si fidava di me, io me la sentivo e che, anzi, se non l’avessi fatto me ne sarei pentito per sempre. Lei non ha avuto dubbi e mi ha assecondato in tutto. L’altra motivazione, non possiamo certo nasconderla, è dipesa anche da un aspetto economico: avere la possibilità di usufruire di un congedo retribuito al cento per cento, di questi tempi non è poco.»
Come sono cambiati, se sono cambiati, gli equilibri familiari da quando è lei a occuparsi della bimba mentre la sua compagna non è più a casa a tempo pieno?
«Gli equilibri sono rimasti pressoché gli stessi. In ambito familiare facciamo entrambi di tutto, magari io mi occupo più spesso di lavori di manovalanza, ma anche nelle piccole faccende di casa me la cavo. Quindi da questo punto di vista è sempre andato tutto bene. Al tempo stesso credo che il ritorno al lavoro abbia giovato a Valentina, una volta superato lo scoglio del distacco iniziale: tornare a una routine da cui era dovuta stare lontana per quasi un anno per lei è stato positivo.»
Cosa pensa dello smart working?
«Non sono mai stato un estimatore, anche perché il vero smart working come è stato concepito all’estero non dovrebbe prevedere un lavoro a orario, bensì a obbiettivi. Qui da noi, in molti “casi italiani”, lo vedo poco smart ecco, è sempre troppo rigido. Detto questo, la gestione della bimba durante il giorno di smart working è tutt’altro che semplice. Fortunatamente in quella occasione settimanale viene mia suocera, che la segue nelle ore in cui io sono al lavoro (infatti il congedo lo prendo per quattro giorni a settimana), anche perché durante il giorno di smart vengono concentrate riunioni on-line e gestire la bambina non sarebbe possibile. Penso quindi, e qui ne ho parlato anche con Valentina a cui l’hanno proposto dopo che finirà il mio congedo, di valutare bene la cosa. Perché ripeto, quando lo smart è concepito, come dovrebbe essere, per fare determinate cose nell’arco della giornata e poco importa se fatte in un’ora o in dieci oppure se fatte la mattina invece che la sera, allora è gestibile. Altrimenti, occuparsi della bambina con riunioni e confronti continui con i colleghi al telefono, durante un orario fisso come in ufficio, è quasi impossibile oltre che poco utile.»
Le piace stare con la bimba e seguire i suoi ritmi di neonata, le sue abitudini cicliche, i suoi riti?
«Sì, come ho già detto mi piace tantissimo, e fortuna vuole che Noemi sia piuttosto brava. È un’emozione unica vivere i suoi ritmi, dal risveglio della mattina al metterla a letto la sera, passando per le varie pappe e i vari giochi anche al momento del cambio dei pannolini. Insomma, credo proprio che anche i padri dovrebbero farlo senza paura perché penso sia una buona opportunità di crescita, sia come persona che come genitore, o almeno lo spero!»
Crede che passare più tempo con sua figlia in questa fase della sua crescita aiuti a sviluppare qualcosa anche tra voi due?
«Ne sono sicuro. Alle volte, nonostante mia figlia non abbia ancora sette mesi, facciamo già dei piccoli giochi e ci capiamo con lo sguardo. Sì, ne sono convinto.»
Sua figlia si è adattata subito al cambio di “tutor”?
«Sì, sembra proprio di sì. Noemi è una bimba bravissima e almeno fino a ora, anche confrontandosi con amici e parenti, è sempre stata di semplice gestione. Basti pensare che la sera alle 21:30 si addormenta da sola nella sua culla e si risveglia al mattino quando ci alziamo noi. Quindi questo è già sicuramente un buon feeling. Nei primi giorni ci sono state alcune difficoltà di adattamento durante i corsi di acquaticità in piscina: lì il cambio fra la mamma e me si è sentito… adesso abbiamo un buon feeling anche in acqua e negli spogliatoi (ride).»
Avete aiuto anche da parte dei nonni?
«Sì, da parte di tutti loro, chi più chi meno, compatibilmente con le possibilità di ognuno. È un aiuto fondamentale oggigiorno, con i ritmi di vita e lavoro che si sono venuti a creare.»
Pensa che il suo tipo di lavoro e il suo ambiente lavorativo abbiano reso più facile e immediata la decisione di usufruire del congedo anche da parte sua?
«Sicuramente. Anche perché essendo una possibilità presente nel contratto non può essere negata ed è molto facile usufruirne. Nell’ambito privato spesso non è presente (come nel contratto di Valentina ad esempio, dove questa forma di congedo retribuita per intero non è contemplata), e a volte ci può essere anche il problema di dover affrontare un datore di lavoro che può storcere il naso di fronte a questa possibilità. Non in tutti gli ambienti quindi può essere così immediato usufruire di determinati diritti.»
Quando saluto Valter lui sorride, anche con gli occhi. Ha lo sguardo carico di fiducia e di soddisfazione. E io aspetto il suo ritorno al lavoro senza quel sottile filo di egoistico terrore che avevo avvertito all’inizio della sua assenza perché sì, mi manca, ma so che tornerà un Valter ancora migliore di prima.
Elena Marrassini
Foto in alto: Valter Brazzini con la famiglia
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