Una donna capace di unire arte, bellezza, talento e caparbietà, capace di attraversare le mode. Una donna oltre il consueto.
Si è da poco spenta a 76 anni Jane Birkin, attrice, cantante, icona di stile e di fascino tra Inghilterra e Francia. Era una donna bellissima, dotata di charme e di intelligenza brillante, ma anche del tipico sagace humour britannico. Diceva «So già che questa melodia risuonerà il giorno del mio funerale» e si riferiva ovviamente a: Je t’aime… moi non plus, la canzone che celebra per eccellenza l’eros e la complicità di una coppia fuori dal comune. Questa coppia era quella formata con Serge Gainsbourg, l’amore tra i due era declinato in tutte le sue sfaccettature tra eccessi, rotture, strappi, ritorni, passioni indomabili, scontri, rimpianti e rimorsi.
Jane Birkin nasce nei dintorni di Londra nel 1946, figlia di un industriale del Nottinghamshire, rifiuta la vita piccolo borghese provinciale e si trasferisce nella capitale, dove sogna di diventare attrice. Sono gli anni della Swinging London, li vive a pieno e si sposa giovanissima con il compositore John Barry e con lui ha una figlia Kate. In pieno sconvolgimento emotivo per essere diventata mamma, avviene anche il suo esordio cinematografico, nel 1965, con Non tutti ce l’hanno di Richard Lester, ma è con la seconda celeberrima pellicola, Blow-Up di Michelangelo Antonioni nel 1966 e con il suo indimenticabile topless, che la Birkin diventa una star planetaria.
L’incontro che le cambia la vita per sempre è, come anticipato, con uno dei cantautori più talentuosi e maledetti di sempre, Serge Gainsbourg, sul set del film francese Slogan nel 1968. Jane è travolta da quell’uomo, da quella passione devastante, fugge con lui a Parigi, abbandona il marito John e Londra senza voltarsi indietro.
Nel 1969 i due sono un’esplosione di arte, erotismo, libertà, che culmina con l’orgasmo simulato da Jane all’interno di Je t’aime… moi non plus. La canzone scandalizza i benpensanti e l’Osservatore Romano la boicotta, ottenendo il divieto di distribuzione in Italia. Paolo VI emette una scomunica, che nel Regno Unito si traduce con un divieto di messa in onda dalla BBC. Nonostante, o forse soprattutto per merito della censura, raggiunge il primo posto delle classifiche britanniche.
La versione con Jane Birkin è in realtà solo la seconda scelta per l’istrionico Serge. Aveva scritto quella canzone per Brigitte Bardot, che lo aveva letteralmente fatto impazzire durante una loro breve relazione. Il marito di BB, Gunter Sachs, aveva ostacolato la pubblicazione di un brano con la moglie e il suo ex amante tra gemiti e sospiri, quindi quella prima registrazione era rimasta nel cassetto (sarà pubblicata solo nel 1986). Birkin, anticonformista e ribelle per natura, prende questa occasione come una sfida, accetta di essere la lei del duetto e sfodera tutta la seduzione di cui è capace, per mettere BB all’angolo e dimostrare a Gainsbourg che la sua seconda scelta poteva far impazzire il mondo intero, ma soprattutto lui.
Dalla loro relazione nasce, nel 1971, Charlotte Gainsbourg, una delle attrici più apprezzate del cinema francese, oggi anche regista e produttrice, che ha realizzato l’omaggio definitivo alla madre nel 2021, con il documentario Jane by Charlotte. Si tratta di un racconto intimo e profondo con interviste, salti temporali e spaziali tra Europa e Stati Uniti. Charlotte celebra Jane oltre la diva, il suo modo di essere madre, il suo rapporto con la memoria, con il passato, con i figli, con i propri amori.
Durante gli anni ’70 Jane intensifica l’attività di cantante diventando molto famosa in Francia e parallelamente prosegue la sua carriera di attrice, tra film europei (La Piscina con Alain Delon) e internazionali (Assassinio sul Nilo). Dopo l’inevitabile rottura definitiva con Serge e la sua vita di eccessi, resta tra loro un’intesa profonda, i due sono amici e collaborano a progetti artistici comuni durante tutto il decennio successivo. L’immagine di Jane supera l’androgina adolescente imbronciata e lascia spazio a una donna matura, elegante, forte e fiera. Si impone nell’immaginario collettivo come icona di stile ed eleganza, un simbolo di autodeterminazione femminile, tanto che Hermès, famigerata casa di moda francese, le dedica la Birkin Bag, una delle borse più desiderate dal pubblico ancora oggi.
Gli anni ottanta sono legati al regista francese Jacques Doillon, Jane acquisisce consapevolezza, stabilità emotiva e dalla loro relazione nasce nel 1982 la terza figlia Lou. Procede parallelamente la sua carriera artistica sia in campo cinematografico che musicale; gli album più interessanti sono ancora scritti da Gainsbourg: Baby Alone in Babylone nel 1983 e soprattutto il malinconico e struggente Lost Song del 1987.
Gli anni novanta sono dedicati al teatro, a produzioni cinematografiche indipendenti, ma si aprono con il grande dolore per la scomparsa improvvisa di Serge, che muore a causa di un infarto nel 1991. Negli anni successivi Jane Birkin continua a incidere diversi album di successo collaborando con artisti del calibro di Paolo Conte, Caetano Veloso, Yann Tiersen ed esibendosi dal vivo in concerti e performance teatrali. Dagli anni duemila, oltre a dedicarsi alla regia, si occupa di missioni umanitarie ed è ambasciatrice di Amnesty International in Bosnia, in Cecenia e in Cisgiordania.
Il 2013 è l’anno terribile del suicidio della prima figlia Kate, che dopo una vita in lotta contro droga e alcol si lancia dal quinto piano dell’appartamento in rue Claude-Chahu, nel quartiere del XIX arrondissement di Parigi. Jane cade in una profonda depressione, si rialza, si aggrappa alle due figlie e ai nipoti, riprende faticosamente a cantare solo nel 2020. Il ritratto più autentico dell’ultima fase della sua vita è di Charlotte che nel suo docu-film Jane per Charlotte la racconta con grande umanità, superando l’immagine stereotipata degli anni sessanta e mettendo a nudo le sue fragilità contemporanee.
Da qualche tempo aveva problemi di salute che l’avevano costretta a cancellare dei concerti, il 16 luglio scorso è stata trovata morta nel suo appartamento parigino. Con lei se ne va la ragazza simbolo degli anni sessanta, ma restano il suo mito, il suo charme, il suo spirito anticonformista, la libertà di essere se stessa oltre il suo personaggio. Una donna capace di unire arte, bellezza, talento e caparbietà, capace di attraversare le mode, di essere musa ispiratrice per le generazioni future.
Music
Les dessous chics
Je T’Aime – Moi Non Plus
Ballade de Johnny
In alto: Jane Birkin – Foto di Nicolas Genin da Wikimedia Commons
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