Kate e Tully, quando l’amore prende i connotati di una profonda amicizia

l'estate in cui imparammo a volare
L’estate in cui imparammo a volare racconta trent’anni di amicizia indissolubile, mostrandoci che esistono tanti tipi di anime gemelle.

Un paio di settimane fa, incalzata da mia sorella, mi sono messa a guardare L’estate in cui imparammo a volare, serie Netflix tratta dal best seller Firefly Lane di Kristin Hannah, di cui è uscita da poco la seconda e ultima stagione. Tempo addietro avevo visto il primo episodio ma non mi aveva entusiasmato, poi però ho dato ascolto all’accorato suggerimento ricevuto e ci ho riprovato. È andata a finire che, il primo giorno di riposo post vacanze, ho fatto una maratona che è iniziata alle quattordici e trenta e finita undici ore dopo. Mi sono trovata incapace di smettere di guardare un episodio dopo l’altro fino al finale notturno e fortemente emotivo.

La storia raccontata nella serie è quella di Kate e Tully. Le due ragazze si conoscono da adolescenti, quando Tully si trasferisce con la madre a Firefly Lane, la strada dove vive Kate, e non potrebbero essere più differenti tra loro. Una proviene da una famiglia tipo, timida, studiosa, un po’ brutto anatroccolo, impacciata (Kate) e l’altra è bellissima, sicura di sé, ambiziosa, senza peli sulla lingua e figlia di una madre squinternata (Tully). Il giorno e la notte, lo yin e lo yang, ma proprio per questo si completano e diventano migliori amiche per sempre.

La storia della loro amicizia è raccontata, in modo brillante, su più piani temporali che si intrecciano. I tre decenni di vita in comune sono raccontati grazie a un andirivieni di flashback che trascina chi assiste dentro un legame che si innesca per caso e diventa fortissimo. Episodio dopo episodio impariamo a conoscere le personalità di Tully e Kate, ci vengono chiarite le dinamiche della loro amicizia e assistiamo a una simbiosi crescente.

Bravissime le quattro interpreti che ci regalano Tully e Kate adolescenti (Alissa Skovbye e Roan Curtis) e adulte (Katherine Heigl e Sarah Chalke). Trasmettono emozioni intense e riescono a far capire cosa c’è dietro, anzi dentro, i loro personaggi. L’estate in cui imparammo a volare è un crescendo costante di emotività e non risparmia le lacrime, che personalmente ho versato abbondanti in mezzo a una notte silenziosa di luglio.

Più volte mi è stato detto da uomini (con una certa stizza che sottolineava più condanna che rimprovero) che le donne sono le peggiori nemiche di se stesse. Tralasciando la cultura patriarcale in cui le donne sono cresciute (e quindi il modo in cui hanno imparato a darsi contro) e tralasciando che non è che si deve sempre approvare tutto di tutte solo perché appartenenti allo stesso genere, questa storia ci mostra a che livelli può arrivare l’amore tra donne. Kate e Tully si supportano, si aiutano, lottano insieme, ma anche litigano, si trattano male, si allontanano. In poche parole si vivono. So benissimo che questa dimensione femminile fortemente emotiva tende a far storcere il naso agli uomini, ma è una delle ricchezze della mia vita, della vita in generale, che non cambierei per nulla al mondo.

L’estate in cui imparammo a volare non racconta altro che una storia d’amore, la sorellanza più fedele, il cammino di due anime gemelle che non per forza deve essere un cammino romantico. Kate e Tully si amano in modo incondizionato di un amore immenso che affronta prove e le supera, che si alimenta da sé e non teme niente, né il tempo, né la lontananza, né la vita stessa.

Serena Pisaneschi

Foto in alto: Una scena della serie da SkorpioLikeYou

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