Pillole di femminile – Storie piccole che raccontano un mondo grande #54

Elizabeth Strout -pillole di femminile
La pillola di oggi è tratta da Amy e Isabelle (Fazi, 2000) romanzo d’esordio della scrittrice americana Elizabeth Strout.

Pillole di femminile, la rubrica per riflettere su alcuni piccoli grandi temi legati alla vita di tutti i giorni.

Elizabeth Strout è una scrittrice che mi ha regalato emozioni preziose. Ha il dono del garbo e di un’intelligenza acuta e sensibile, strumenti che danno forza e verità alle sue eroine. Nata e cresciuta nel Maine, si è dedicata alla scrittura dopo gli studi di letteratura e di legge. Le sue esperienze di gioventù sono state fonte di ispirazione per i suoi romanzi, molti dei quali sono ambientati nella cittadina immaginaria di Shirley Falls.

La pillola di oggi è tratta dal suo romanzo d’esordio Amy e Isabelle (Fazi, 2000) considerato, sin dall’inizio, un bestseller e dal quale è stata tratta una miniserie per la tv. Il libro rivela quali saranno i temi dell’opera della scrittrice: la vita quotidiana delle donne con i loro problemi di relazioni e di famiglia.

Ma è con Olive Kitteridge (Fazi, 2009) che Elizabeth Strout ottiene il premio Pulitzer e, in Italia, il Premio Bancarella e il Premio Mondello. Anche in questo caso il romanzo è diventato una serie tv, vincitrice di diversi Emmy Award, con Frances McDormand nei panni della protagonista.

Amy e Isabelle è ambientato in un’anonima cittadina della provincia americana, l’immaginaria Shirley Falls, durante un’estate straordinariamente torrida. Troviamo un microcosmo di donne, impiegate presso gli uffici di una fabbrica locale. Tra queste c’è Isabelle, ancora giovane, che tenta di nascondere il proprio passato dietro una facciata di decoro e perbenismo; e c’è la figlia Amy, una timida adolescente con un segreto che non riesce a tenere nascosto.

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«Isabelle Goodrow sedeva semplicemente alla sua scrivania, con le ginocchia unite, le spalle indietro, e batteva a macchina a velocità costante. Aveva un collo un po’ particolare. Sembrava troppo lungo per una donna di bassa statura come lei e si ergeva dal colletto della camicia come il collo del cigno che, quell’estate, era stato visto galleggiare perfettamente immobile sul fiume morto, vicino alle sponde orlate di schiuma.

O, almeno, era così che il collo di Isabelle appariva a sua figlia Amy, una ragazza che quell’estate compiva sedici anni, la quale ultimamente aveva preso a detestare la vista del collo di sua madre (nonché la vista di sua madre, punto), e a cui comunque quel cigno non era mai piaciuto. Per molti versi Amy non assomigliava a sua madre. Se i capelli della madre erano opachi e sottili, quelli di Amy erano biondi, folti e pieni di riflessi. Anche tagliati corti, come li portava ora, scalati sotto le orecchie, davano subito l’impressione di essere sani e forti. E Amy era alta. Aveva le mani grandi, i piedi lunghi. Ma negli occhi, che erano più grandi di quelli della madre, aveva spesso la stessa espressione di esitante meraviglia, e quest’aria sorpresa talvolta provocava disagio nella persona su cui quegli occhi si fissavano. Anche se Amy era timida e raramente teneva a lungo gli occhi fissi su qualcuno. Era più portata a lanciare occhiate rapide e voltare subito la testa. In ogni caso, non sapeva davvero che tipo di impressione facesse alla gente, se anche ne faceva, benché in passato si fosse studiata a lungo in ogni specchio a sua disposizione.

Ma quell’estate Amy non si guardava negli specchi. Li evitava, anzi. Avrebbe voluto evitare anche sua madre, ma non era possibile – lavoravano insieme in quella stanza d’ufficio. Su questo impiego estivo sua madre e Avery Clark si erano accordati mesi prima, e anche se ad Amy era stato detto che avrebbe dovuto essere riconoscente per l’opportunità, lei non lo era affatto. Il lavoro era noiosissimo. Aveva il compito di sommare su una calcolatrice l’ultima colonna di numeri di ciascuna delle fatture arancioni impilate sulla sua scrivania, e l’unica cosa buona era che certe volte le sembrava che la mente le si addormentasse.

Il vero problema, ovviamente, era che lei e la madre stavano insieme tutto il giorno. Ad Amy sembrava che una linea nera le tenesse collegate, una linea non più pesante di un tratto di matita, forse, ma una linea che era sempre presente. Anche se una di loro usciva dalla stanza per andare in bagno, o alla fontanella che stava fuori nel corridoio, per dire, la linea nera non aveva problemi; non faceva altro che passare attraverso il muro e continuare a tenerle unite. Lei e la madre facevano del loro meglio. Se non altro, le scrivanie a cui lavoravano erano distanti e non erano rivolte l’una verso l’altra.»

Cinzia Inguanta

La pillola di oggi è un estratto dal romanzo Amy e Isabelle (Fazi) di Elizabeth Strout.

In alto: Elaborazione grafica di Erna Corsi

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