Pillole di Femminile – Storie piccole che raccontano un mondo grande #59

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La pillola di oggi è un racconto di Paola Giannò nato durante un laboratorio di scrittura. Un’amicizia fra donne oltre il consueto e di uno scrittoio.

Pillole di femminile, la rubrica per riflettere su alcuni piccoli grandi temi legati alla vita di tutti i giorni.

L’impresa mi era parsa impossibile, eppure in qualche modo il nostro progetto stava prendendo forma. Mentre mi ingegnavo su come far sì che quella maledetta vite spanata mordesse il legno, Silvia era intenta a tornire l’ultima delle quattro gambe di ciò che sarebbe diventato il mio scrittoio. Fu questione di un attimo. Un fragore improvviso e vidi Silvia distesa a terra in preda alle convulsioni, di fronte il tornio continuava a girare. In quelle prime interminabili frazioni di secondo credo di aver provato a capire cosa diavolo stesse succedendo.

Quando mi decisi a spegnere il tornio riuscii a chiamare i soccorsi. Non è cosa abituale trovarsi a fronteggiare l’emergenza di qualcuno colto da un aneurisma, non credevo proprio che avrei mantenuto quel sangue freddo, così come non credevo che saremmo riuscite davvero a costruire il mio scrittoio. Ora non riesco neanche più a decifrare la strana sensazione che mi è rimasta addosso.

Sono qui da ore seduta fuori dalla terapia intensiva, prima o poi dovrò tornare a casa dai bambini e lasciar libera mia madre. Guardo la porta da dove dovrebbero uscire i medici e aspetto, non riesco a fare altro. Mi viene da pensare che quel mio scrittoio inizierò a maledirlo, ma forse sarebbe successo anche mentre ci bevevamo un caffè e allora il nostro progetto alla fine non ha colpe. Tu invece sei di là intubata, la tua vita è appesa a un filo e senza te mi sento persa. Resisti Silvia, io aspetto.

Ti ricordi il giorno che ha dato inizio a tutto? Eravamo alla macchinetta del caffè e non mi ricordo neanche come siamo finite a parlare di seghe circolari e morsetti. A qualcuno fa strano che una donna possa divertirsi a passare il tempo in un laboratorio improvvisato di falegnameria. Neanche io ti avrei mai immaginata in quella veste; tu che tacchettavi per i corridoi sempre fasciata in quei tubini multicolori non eri per niente il prototipo della falegnama.

Quanto sei sciocca! Come se un vestitino e le unghie laccate possano voler dire qualcosa.

Hai ragione. Come sempre del resto. Mi dici come faccio senza di te? Vedi di sbrigarti a uscire da questa situazione, non ne posso già più di sentirmi così persa. E bada che non è per via dello scrittoio, quello può aspettare.

Senti un po’ signorina, non è che posso continuare in eterno a farti da supporto. Ormai sei grandicella, vedi di rimboccarti le maniche e datti da fare, anche con lo scrittoio. Quando mi leveranno tutti questi aggeggi e tornerò a casa lo voglio trovare finito. E vedi di non scordarti come tuo solito di dare il mordente sotto il bianco, che sennò con il cavolo che poi lo puoi shabbare.

Ma come ti viene da pensare che ora io possa andare nel tuo laboratorio a finire il lavoro? Ho la testa così confusa che chissà che pasticci combinerei. Già il fatto di sapere che non ti posso chiamare ogni momento per chiederti consiglio mi impedisce di fare qualsiasi cosa. Credo che domanderò a mia madre di trasferirsi da noi, non ce la posso proprio fare a occuparmi dei bambini, ora.

Chiara, finiscila di piangerti addosso! Sei perfettamente in grado di riuscirci, come quando volevi fare il quartabono per quelle due cornici e continuavi a insistere che era un’impresa impossibile. Ovviamente ce l’hai fatta, se ricordi bene non hai neanche avuto bisogno del mio aiuto.

La porta dei medici si apre e l’espressione che mi ritrovo davanti non mi piace per niente. Il dottor Crisafulli inizia a spiegarmi che la situazione sta lentamente peggiorando. Purtroppo, non riescono a diminuire la pressione intracranica e questo non è proprio un bel segnale. Sarebbe tornato a riaggiornarmi nelle prossime ore.

Chiamo mia madre per avvertirla che avrei passato anche quella notte fuori, poi infilo la giacca e mi avvio verso il parcheggio. Arrivata a casa di Silvia preparo un caffè e dopo una sigaretta scendo in laboratorio. Silvia aveva fatto in tempo a tornire anche l’ultima gamba. Non mi resta altro che iniziare ad assemblare tutti i pezzi. Dopo la prima mano di impregnante mi concedo una pausa.

Me lo aveva insegnato Silvia a prendermi le pause, ogni tanto ci vuole. Lavoro tutta la notte, bevendo caffè e fumando nel tempo che serve per far asciugare le varie mani. All’alba passo il panno di lana per lucidarlo e mi siedo a guardarlo. Silvia può essere soddisfatta di me e pure io devo esserlo. Richiudo casa e mi avvio verso l’ospedale. Ora che le ho dato retta e portato a termine il nostro lavoro, lei non può certo tradirmi.

Paola Giannò

Foto in alto: elaborazione grafica di Erna Corsi

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1 commento su “Pillole di Femminile – Storie piccole che raccontano un mondo grande #59”

  1. Ho il piacere e l’onore di conoscere Paola e già di Lei ho un’ottima opinione come persona, come collega e tutto il resto e devo dire che nei suoi scritti questa sua umanità ed il suo essere in genere emerge dando vita a dei veri capolavori.
    Il mo più sincero sugurio, cara Paola, è che tu possa dedicarti a tempo pieno a queste tue creazioni.
    Un abbraccio
    Donatella

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