La pillola di oggi vuole essere una riflessione puramente soggettiva di molti fatti di cronaca che si ripetono in modo inquietante.
Pillole di femminile, la rubrica per riflettere su alcuni piccoli grandi temi legati alla vita di tutti i giorni.
Io l’ho amata come nessun’altra, fin dal primo momento. L’ho nutrita, accudita, coccolata e protetta. Ho attraversato mille notti insonni per confortarla; ho sostenuto il suo passo solo per il minimo necessario, perché potesse avere fiducia nelle sue gambe. Ho disinfettato le sue ferite, preoccupandomi che l’asfalto non lasciasse macchie nere sotto pelle sulle sue ginocchia. Ho ascoltato le sue parole storpiate, cercando di capire e conducendola verso il traguardo della comunicazione, lo strumento madre di ogni relazione umana e non. Le ho mostrato come si avanza a testa alta, credendo in se stessa ma rispettando gli altri, sempre. Ho accolto le sue lacrime delle prime delusioni e quelle più insensate e assolutamente indispensabili dell’adolescenza. Ho lasciato che si scontrasse con il mondo usando le sue forze e gli strumenti che speravo di averle fornito; io sono rimasta a guardare con il fiato sospeso, mai troppo lontana perché lei fosse sicura di trovarmi lì se avesse pensato di aver ancora bisogno di me. Poi, l’ho lasciata andare. Lentamente, dolcemente, diminuendo la mia presenza e allontanando la mia ombra, perché potesse essere padrona di se stessa, perché io sono sua ma lei non è mai stata mia. Perché questo è il compito di una madre.
Ora dimmi: dopo tutto questo, sai spiegarmi come tu hai potuto pensare anche solo per un attimo che lei fosse tua?
Come hai potuto anche solo illuderti di avere un qualche diritto sulla sua esistenza? Tu, essere avulso e ignorante, hai spezzato un sogno solo perché non sapevi comprenderlo e io, sua madre, ti maledico per l’eternità: che tu possa comprendere e vivere nel tormento senza fine per ciò che hai fatto.
Erna Corsi
Foto in alto: elaborazione grafica di Erna Corsi
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