Poverina di Chiara Galeazzi (Blackie edizioni, 2023) è l’analisi comica e senza retorica di una disgrazia non annunciata.
«[…] tutti gli sguardi erano su di me. Tutti. Ero come un vip, però un vip che la gente non è molto felice di vedere, perché magari ricorda una cosa un po’ negativa. Ero come una persona famosa per essere stata coinvolta in un crimine […]». Così scrive Chiara Galeazzi, speaker radiofonica e giornalista, autrice di Poverina, edito da Blackie edizioni nel 2023.
Questo atteggiamento lo conosciamo in molte. Occhi bassi, voce rotta, manifestazioni di dispiacere per la disgrazia accaduta. A qualcuna potrebbe far piacere essere commiserata. A qualcun altra no. Preferirebbe cambiare discorso, essere distratta, guardare avanti. Almeno mantenere la distinzione tra la soggettività della proprio persona e l’obiettività del malore.
Tra chi non lo apprezza c’è Chiara Galeazzi. Che racconta, con umorismo tagliente e senza fronzoli, la sua vita prima e dopo il ricovero in ospedale a seguito di un’emorragia cerebrale a soli trentaquattro anni e delle conseguenze che questo ha causato. Non solo quelle gravi, come la paura che tutto cambi, che il corpo non risponda più pienamente alle sollecitazioni, ma anche l’irritazione per le situazioni e i personaggi che si è trovata a incontrare. Hater on-line, medici privi di empatia, vicini di letto sgradevoli, situazioni imbarazzanti. Come quella di espletare i propri bisogni sdraiata. O di portare le calze antitrombo (che oltre a evitare la formazione di coaguli, tengono lontani eventuali partner amorosi). O di concepire il proprio letto come luogo in cui dormire, ma anche come «un bagno, uno spogliatoio e un’estensione del mio corpo».
Per fortuna dalla fauna surreale dell’ospedale si distaccano figure consolatorie. Come le infermiere sbrigative ma comprensive, la famiglia, gli amici e tutti le altre persone «contenute nel file excel “Visite Chiara”». Quelli, insomma, che la aiutano ad accettare che non si debba essere per forza forti nelle avversità.
Poverina di Chiara Galeazzi è una lettura gradevole e a tratti esilarante, il che pare quasi impossibile visto il tema. Galeazzi è capace di far ridere soprattutto quando sembra che si impegni di meno a ottenere questo risultato. Lo fa attingendo alla memoria propria, talvolta a quella collettiva. Numerosi sono i passaggi e le osservazioni condivisibili, soprattutto quelle relative ad ansie e paure che ognuno di noi affronta nella piccola performativa quotidianità.
Trovo difficile definire il genere a cui appartiene il testo. Si tratta di un memoir, di un’autofiction? Di certo di un modo di vedere la vita, quello degli umoristi, che creano divertimento laddove altri stenderebbero il velo cupo della tragedia. Nel piglio e nel linguaggio rammenta non tanto la narrativa, quanto la commedia. Per questo sarebbe perfetta sullo schermo, su un palco, per un paio d’ore d’intrattenimento non privo di profondità.
A fine lettura a chiunque rimarrà però un cruccio: chi si cela dietro la figura celebre dalle mediocri capacità che Chiara sente parlare in un video, amareggiandosi tanto da far pensare che sia stato proprio l’ignotə intervistatə a causarle l’ictus?
La risposta a questo stuzzicante interrogativo varrebbe un prequel. E se lo scrivesse, di certo Chiara Galeazzi tornerebbe a farci ridere di gusto.