La poeta ha detto che nascere povera è stata la sua fortuna: la povertà le ha dato la forza e la resistenza per sopravvivere alla Shoah.
Nata in una povera e numerosa famiglia, Edith Bruck nel 1944 è stata deportata ad Auschwitz. In un’intervista curata da Maggie S. Lorelli per Mediterraneaonline, la rivista di cultura mediterranea, ricorda con queste parole l’alba di un giorno di primavera del 1944 in cui gendarmi ungheresi, collaboratori dei tedeschi, entrarono in casa e li condussero nel ghetto di Sátoraljaújhely.
«I gendarmi locali insieme ai fascisti ungheresi – dunque le responsabilità non sono sempre e solo dei tedeschi, ma anche dei Paesi alleati – irruppero nella nostra casa quasi buttando giù la fragile porta urlando, bestemmiando e intimandoci di uscire entro cinque minuti, consegnando loro i valori che neanche avevamo… Dopo la Pasqua ebraica, durante la quale non si mangia il pane lievitato, mia madre aveva preparato cinque bellissimi pani. La cosa surreale è che anche quando i gendarmi erano alla porta, mia madre era corsa a vedere la lievitazione del pane, di cui era orgogliosa, cominciando ad urlare ”Il pane è perduto, il pane è perduto!”… È da questo episodio che nasce il romanzo Il pane perduto…»
Con questo romanzo, edito da La nave di Teseo, la poeta ha vinto il Premio Strega Giovani nel 2021. Il libro racconta le cinque luci che ha visto nella disperazione, nell’orrore e nel buio più totali dei campi di sterminio a cui solo lei e la sorella sono sopravvissute. Questi raggi di luce di umanità sono stati i miracoli che l’hanno aiutata ad andare avanti, sono stati il segno che la bontà umana esisteva ancora, anche in una situazione come quella. Quelle luci le hanno ridato la speranza.
Nel 1962 Bruck pubblica Andremo in città che nel 1966 diventerà un film con la regia di Nelo Risi, anche lui poeta. Nello stesso anno si sposarono e il loro sodalizio sentimentale e artistico è durato fino alla morte di Risi nel 2015. La storia della poeta è ben documentata nel video Dove vi portano gli occhi. A colloquio con Edith Bruck, curato da Ivan Andreoli e Fausto Ciuffi per conto della Fondazione Villa Emma di Nonantola.
Per questa domenica abbiamo scelto Quel pensiero. Il video è curato, come sempre, da Debora Menichetti.
Serena Betti
Foto in alto: Edith Bruck
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Quel pensiero
Quel pensiero di seppellirti
te l’hanno tolto con almeno trent’anni di anticipo!
Abbiamo avuto una lunga festa d’addio
nei vagoni stivati dove si pregava dove si facevano
i bisogni in fila dentro un secchio
che non profumava del tuo lillà di maggio
e anche il mio Dio Sole ha chiuso gli occhi
in quel luogo di arrivo il cui nome
oggi irrita le coscienze, dove io e te
rimaste sole dopo una selezione
mi desti la prova d’amore
sfidando i colpi di una belva umana
anche tu madre leonessa a carponi
per supplicare iddio maligno di lasciarti almeno l’ultima
la più piccola dei tuoi tanti figli.
Senza sapere la tua e la mia destinazione
per troppo amore volevi la mia morte
come la tua sotto la doccia
da cui usciva un coro di topi
chiusi in trappola.
Hai pensato alla tua piccola con quel frammento
di coscienza risvegliata dal colpo
del portoncino di ferro
con te dentro mio pane amato mio pane bruciato!
O prima ancora
sapone paralume concime
nelle mani parsimoniose di cittadini
che amano i cani i poeti la musica
la buona letteratura e hanno nostalgia
dei familiari lontani.
Struggente!