Nota per i racconti brevi, è tra le più importanti scrittrici del modernismo inglese e ha lasciato un’eredità letteraria straordinaria.
Katherine Mansfield, nata in Nuova Zelanda nel 1988, è stata una figura centrale nella letteratura del ventesimo secolo. Ebbe una vita intensa, caratterizzata da una profonda sensibilità artistica, ma anche da una lotta costante con la tubercolosi che influenzò il suo lavoro e la sua visione del mondo.
Il suo talento per la scrittura fu evidente molto presto e dopo aver studiato in Inghilterra si trasferì a Londra dove iniziò a coltivare le sue ambizioni letterarie.
Si apre così l’articolo sulla poeta che Maria Luisa Agnese ha scritto alcuni mesi fa sul Corriere della sera: «Gli ospiti della casa di Garsington, nella campagna inglese, erano abituati a trasgressioni di ogni tipo, erano intellettuali avvezzi ad avventure della mente e del corpo, ma nonostante il loro snobistico disincanto, quell’estate del 1916 erano stati tutti sorprendentemente incantati dallo charme composito ed esotico di Katherine Mansfield. Era una new entry, invitata dalla padrona di casa Lady Ottoline Morrel, quella scrittrice neozelandese che aveva lasciato una solida famiglia a Wellington per seguire la sua vocazione di scrittrice e sperimentatrice, ed era preceduta in quegli ambienti da una fama fatta di gossip misti a verità: Katherine che indossava calze colorate, stoffe orientali e profumi inebrianti, che per mantenersi in Europa aveva già fatto la musicista, la cabarettista, la comparsa al cinema, che aveva amato uomini e donne, si era sposata e aveva piantato il marito, aveva avuto due aborti e ora conviveva con un critico inglese, John Middleton Murry.»
A Londra si avvicinò al Circolo Bloomsbury, ma mal sopportava l’ambiente snob continuando a preferire una vita bohemien. L’incontro con Virginia Woolf fu determinante per la scrittrice: unite dal talento letterario, erano profondamente diverse come esperienze di vita e come valori. Il loro fu un rapporto di amore e odio connotato però da un profondo rispetto. Preludio, uno dei racconti più belli di Mansfield, fu pubblicato per la prima volta dalla Hogarth Press, la piccola casa editrice fondata dalla Woolf e il marito.
Trascorse l’ultimo anno della sua vita a Fontainebleau in Francia, nel centro fondato dal maestro Georges Gurdjieff, una comunità indipendente con pascoli, coltivazioni e attività orientali in cui vissero e lavorarono intellettuali, artisti, matematici, impegnati in una profonda ricerca interiore. Mansfield morì, a soli 34 anni, e gran parte dei suoi racconti e delle sue poesie sono state pubblicate postume, dal marito.
Per la nostra rubrica oggi abbiamo scelto Solitudine, tratta dalla raccolta Quando ero uccello e altre poesie (Passigli, 2009), accompagnata dall’elaborazione video curata da Debora Menichetti.
Serena Betti
Foto in alto: Katherine Mansfield
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Solitudine
Ora è la Solitudine, e non il Sonno,
che viene la notte a sedersi vicino al mio letto.
Distesa come una bimba stanca attendo il suo passo,
e la guardo spegnere la luce con un soffio lieve.
Salendo immobile, non si volge né a destra
né a sinistra, ma stanca, stanca abbassa il capo.
Anche lei è vecchia, anche lei ha combattuto tanto
da meritare la corona d’alloro.
Nella triste oscurità lenta rifluisce la marea
e s’infrange sull’arido lido, inappagata.
Soffia un vento insolito: poi il silenzio. Sono pronta
ad abbracciare la Solitudine, a prenderle la mano,
ad aggrapparmi a lei, aspettando che l’arida terra
si imbeva della terribile monotonia della pioggia.