Inizia la stagione delle settimane senza sabati e domeniche perché la natura che si risveglia ha regole tutte sue da rispettare.
Dopo qualche giorno passato a Verona a fare la nonna sono tornata in campagna: la natura è letteralmente esplosa! Intorno a casa le colline si sono tinte di verde. Ciliegi, meli e melocotogni sono in fiore e sono sbocciati tulipani di tutti i colori. Sono già fiorite anche le rose, i papaveri, i muscari e, soprattutto, è cresciuta tantissimo l’erba, un mare di erba alta ovunque. Ahimè anche nell’orto, che avevo pulito con molta cura prima di partire. Mentre stamani mi guardavo intorno pensando da dove iniziare con il lavoro e preparavo gli attrezzi, ho sentito arrivare un messaggio su WhatsApp: «Buongiorno. È venerdì!»
È sempre piacevole il pensiero di un’amica e, per una sorta di abitudine o automatismo, ho gioito pensando al fine settimana che stava arrivando. Ma è durato solo un attimo: è bastato che riportassi lo sguardo al carrello in cui avevo appena messo secchio, spatola, cesoie, rastrello e guanti per realizzare che d’ora in poi, fino a ottobre, in campagna i giorni della settimana diventano tutti uguali. I lavori incalzano e c’è parecchio da fare, che sia lunedì, giovedì o domenica.
L’ora legale poi ci mette del suo: le giornate si allungano, il buio arriva più tardi e si sta volentieri fuori. Bellissimo, sì, ma le medaglie hanno sempre un rovescio. E per chi vive in campagna significa che finché c’è luce si lavora perché qualcosa da fare c’è sempre, oltre a innaffiare, sistemare, controllare, raccogliere e pulire le verdure per la cena.
C’è tempo anche per zazzicare. Secondo il Vocabolario Aretino questo termine sta a indicare l’atto di trafficare, armeggiare, fare delle cose, come diceva Cristina, la ragazza che Nanni Moretti incontra nel suo primo e mitico film Ecce Bombo. E zazzicare si sposa perfettamente con un altro modo di dire di questa zona che mi piace tantissimo: fare bricciche, cioè, fare cose di poca importanza, perdere tempo.
Che poi, se ci si pensa bene, sono quelle cose che proprio perché non urgenti o fondamentali si lasciano da parte o si rimandano, ma che prima o poi comunque vanno fatte. Alcuni esempi? Spazzare la legnaia, togliere ragnatele da “fondi”, come qui vengono chiamate le cantine, e caldaia, portare i rifiuti nei contenitori in fondo alla strada, lavare le ciotole dei gatti, togliere con una spatolina il muschio dai muretti a secco… e potrei andare avanti ancora, ma mi fermo qui.
Tuttə abbiamo bricciche da fare! E la cosa bella è che durante queste occupazioni capita di trovare delle sorprese. Qualche giorno fa, infatti, ho trovato l’ophrys sphegodes, un‘orchidea selvatica. Stavo ripulendo il pallet su cui durante la bella stagione metto i miei vasetti di piante grasse e mentre toglievo erbacce ho notato questo fiore particolare. Mi sono fermata per guardare meglio. La disposizione delle foglie era già un indizio, ma quando ho visto bene il labello, la parte del fiore che attira gli insetti impollinatori, ho capito subito che era un’orchidea: ho scattato una foto su Google lens e non ho avuto più dubbi.
Confesso che non sono una grande esperta, ma proprio qualche settimana fa, durante la visita a Forte Rivoli, in occasione del matrimonio di una coppia di amici, la guida ci ha invitato ad ammirare il prato intorno al forte che in questo periodo è pieno di questa orchidea che è una specie protetta. Una coincidenza davvero straordinaria.
Qualche giorno fa abbiamo piantato le patate e ora dobbiamo attrezzarci per l’innaffiatura perché la pioggia stenta ad arrivare. Siamo solo a metà aprile, ma è come se fossimo già in estate inoltrata: i panni stesi asciugano in un paio d’ore. Abbiamo così deciso di inaugurare la bella stagione con un aperitivo all’aperto con alcuni amici. Il brindisi quest’anno è stato allietato a sorpresa da un concerto di rospi.
È stato molto divertente: erano vicini e, incuranti della nostra presenza, si chiamavano da una parte all’altra sovrastando le nostre chiacchiere. Vivendo qui mi è capitato di avere incontri ravvicinati con questi simpatici anfibi e qualcuno l’ho accarezzato: la pelle rugosa e un po’ bitorzoluta e quegli occhi sporgenti li rendono proprio buffi, come buffo è il fatto che il loro nome scientifico sia bufo bufo.
Mi piace trovarli e sapere che ci sono: quando li vedo metto delle ciotole con un po’ d’acqua perché possano idratarsi o rifocillarsi. Anni fa avevo letto un articolo piuttosto inquietante sul sensibile calo della loro presenza dovuto alla situazione climatica. Ma i rospi hanno anche un altro nemico che mina fortemente la loro sopravvivenza, come spiega in un’intervista Bruno Golfieri dell’associazione SOS Anfibi Verona: il traffico. Durante il periodo di accoppiamento non è raro incontrarli sulle strade e negli anni ho imparato a vederli e, per quanto possibile, a schivarli. Questo concerto mi ha proprio rincuorata.
In alto: Vita in campagna – Melo cotogno – Foto di Serena Betti
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