Chi sono e cosa è accaduto a tutte e cinque le sorelle Lisbon? Cecilia, Lux, Bonnie, Mary e Therese avevano tra i tredici e i diciassette anni. Belle ma imperfette.
La mia proposta per questo venerdì è un romanzo pubblicato vent’anni fa in Italia: Le vergini suicide, esordio letterario di Jeffrey Eugenides (Mondadori, 1994). La storia è narrata a partire dalla fine, con un incipit disorientante l’autore sembra averci detto già tutto, ma non è così: «La mattina che si uccise anche l’ultima figlia dei Lisbon (stavolta toccava a Mary: sonniferi, come Therese) i due infermieri del pronto soccorso entrarono in casa sapendo con esattezza dove si trovavano il cassetto dei coltelli, il forno a gas e la trave del seminterrato a cui si poteva annodare una corda».
Chi sono e cosa è accaduto a tutte e cinque le sorelle Lisbon? Cecilia, Lux, Bonnie, Mary e Therese avevano tra i tredici e i diciassette anni. Belle ma imperfette. Sempre insieme come se fossero un’unica cosa ma ognuna diversa dall’altra, nell’aspetto e nell’indole. Figlie di una famiglia benestante che vive in un sobborgo residenziale americano negli anni ’70, si tolgono la vita, una dopo l’altra, nell’arco di un anno.
L’intera vicenda è narrata da una voce corale, ossia quella di un gruppo di ragazzi coetanei delle sorelle, che a distanza di vent’anni si interroga sull’accaduto e sulle motivazioni che hanno portato al susseguirsi di quei gesti definitivi. L’adorazione per le sorelle Lisbon si spinge fino al fatto che questi ragazzi conservano ancora cose a loro appartenute, definite “reperti”, come fotografie o i biglietti di invito alla loro unica festa. Questi oggetti, insieme ai ricordi e alle sensazioni permettono di ricostruire gli eventi di quell’anno lontano. Un microcosmo con un suo precario equilibrio che viene spezzato e scompaginato dal fascino macabro di cinque ragazze che vivevano tra le pareti domestiche come segregate in una prigione.
Non viviamo mai il dramma dal punto di vista dei genitori che perdono tutte le loro figlie. Veniamo, invece, buttati dentro un vortice fatto di ossessione, come se non riuscissimo a resistere all’attrazione esercitata dalla tragedia: «L’essenza di quei suicidi non era la tristezza, non era il mistero, ma un puro e semplice egocentrismo».
Tra le pagine non troviamo una spiegazione liberatoria degli eventi, che alleggerisca l’animo del lettore, non era nell’intento di Jeffrey Eugenides. La scrittura, tanto leggera quanto dolorosa, ci trattiene dentro le pagine in modo immersivo, senza indugiare mai sulla commiserazione. La sensazione ricorrente è quella di essere spettatori a disagio, che spiano senza essere visti e senza mai riuscire a vedere tutto. Un romanzo potente e emotivo che vi lascerà storditi dopo la lettura.
In accoppiata con il romanzo di Jeffrey Eugenides non vi propongo il film cult scritto e diretto da Sofia Coppola del 1999. Bensì la sua colonna sonora originale composta dagli AIR, duo francese di musica elettronica (composto da Nicolas Godin e Jean-Benoît Dunckel). The Virgin Suicides fu pubblicato nel febbraio 2000 e definito dai due musicisti come la parte oscura di Moon Safari (loro celebre album del 1998). Le atmosfere dark miscelano bene le vicende del libro con i ritmi cinematografici. Tra i brani che preferisco ci sono Playground love, Cemetary party e Highschool lover perché richiamano quelle sensazioni, come inquietudine, sensualità e ossessione, legate all’atmosfera del libro. Buon ascolto e buon finesettimana!
Sara Simoni
Foto in alto: dal film “Il giardino delle vergini suicide” di Sofia Coppola
© RIPRODUZIONE RISERVATA