Pillole di femminile – Storie piccole che raccontano un mondo grande #92

Luce Irigaray -pillole di femminile
Luce Irigaray, linguista, psicanalista e filosofa del pensiero della differenza, è autrice di molti saggi sul tema dell’alterità.

Pillole di femminile, la rubrica per riflettere su alcuni grandi temi legati alla vita di tutti i giorni

In occasione del prossimo appuntamento elettorale, pubblichiamo le riflessioni che la linguista Luce Irigaray scrisse trent’anni fa, per il giornale Il quotidiano, sui risultati delle elezioni europee il 19 giugno 1994, pubblicate nel suo libro La democrazia comincia a due, edito da Bollati Boringhieri.

“Povera Europa! Quanto appaiono strani e poco ragionati i voti in occasione delle ultime elezioni europee, in particolare in Italia e in Francia. Sembrano disperati e obbedienti alla logica della seduzione più che agli interessi dei cittadini delle cittadine. I veri vincitori sono di fatto il denaro, il potere dei media, la falsa novità, cose delle quali l’attuale vita politica è tanto più avida quanto alla maggior parte dei programmi mancano di un reale contenuto.

Domenica 12 giugno, i cittadini e le cittadine non hanno eletto persone di fiducia alle quali hanno affidato i propri bisogni o desideri, salvo in alcune regioni come l’Emilia-Romagna. Hanno votato per lo sconosciuto, le promesse elettorali, le immagini e le parole mediatiche, a meno che non si siano astenuti(e). Quando hanno espresso il loro voto, hanno scelto «l’allontanamento»  per questa realtà che percepiscono come lontana da loro: l’Europa. Non hanno ancora compreso che loro sono l’Europa, che ormai siamo europei, e che pronunciarsi per l’Europa corrisponde a pronunciarsi per ciascuno di noi.

[…]La definizione di una nuova cittadinanza europea, favorevole a ciascuno(a), richiede di rafforzare i propri diritti per le persone affinché possano accedere a una comunità allargata senza trovarsi assorbite, annullate, annientate. In questo senso, l’Unione Europea può contribuire allo sviluppo di un processo democratico. Per questo compito è necessario che i cittadini e le cittadine siano attenti all’Unione Europea e non soltanto i capitalisti o i «commercianti» a caccia di buoni affari.

Ma entrare nell’Unione Europea con un obiettivo democratico richiede la rinuncia a quella forma di soggettivismo quotidiano che potrebbe chiamarsi già nazionalismo: «L’Europa non mi concerne, non è mia, sono italiano(a) o francese». Se l’identità europea deve vegliare a non trascinare una perdita di identità umana per ciascuno(a), deve ugualmente curarsi delle condizioni che permettono la convivenza fra i cittadini appartenenti a nazioni, tradizioni, culture diverse.

A livello dell’Europa, non è possibile limitarsi a un discorso soltanto soggettivo, perché il dibattito, il dialogo si devono sviluppare tra soggettività molto diverse. Dobbiamo scoprire una nuova oggettività, cioè un’oggettività che tuteli la vita delle persone, la loro singolarità, ma anche la convivenza tra tutte le persone che compongono l’Unione Europea. Solo a livello oggettivo è possibile discutere, ma non credo che l’oggettività possa essere ridotta a un problema economico, a un problema di soldi, a un problema di difesa del territorio nazionale.
Corrisponde a un oggettività che tutti e tutte hanno bisogno di mangiare, di avere una casa, di essere vestiti, di essere educati.
Corrisponde anche a una necessità oggettiva tutelare sia la nostra salute che la nostra felicità, che sono i due volti della stessa realtà: è più difficile essere felici quando siamo malati e non è facile raggiungere una buona salute senza felicità. Questi due valori condivisibili da tutti i cittadini e cittadini dell’Europa, richiedono la cura dell’ambiente: dell’aria, dell’acqua e quella del cibo.
Un altro obiettivo è di assicurare la pace e l’amicizia fra noi. Per compierlo dobbiamo imparare nuove consuetudini che rispettino sia l’identità e la condivisione tra uomini e donne della nostra città che la convivenza fra le razze e le culture ormai qui presenti o residenti sul territorio europeo.
Dobbiamo pensare inoltre che il lavoro non può essere creato col disprezzo di chi lavora, del suo ambito di vita, né col disprezzo della convivenza tra noi. È necessario dunque creare un nuovo tipo di lavoro che rispetti la dignità umana e ai suoi valori di base. Penso, ad esempio, ad un’occupazione al servizio dell’ambiente (proposta sostenuta da Jacques Delors, presidente della  Commissione europea), ad un’occupazione che sviluppi le ricchezze naturali senza distruggerle, a un’occupazione che favorisca la crescita della condivisione fra noi.
Certo ho fatto così proposte innovative. Ma, secondo me, progetti politici per l’Europa non possono solo ricalcare il passato ma devono invece farsi carico della terra e del sole, per oggi e per l’avvenire.”

La pillola di oggi è tratta da La democrazia comincia a due di Luce Irigaray 

Serena Betti

Foto in alto: Elaborazione grafica di Erna Corsi

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Filosofa, psicoanalista e linguista belga, Luce Irigaray (Blaton, 1930) è figura centrale del pensiero femminista. Il suo lavoro si concentra sulla differenza sessuale, criticando la cultura occidentale patriarcale che marginalizza il femminile. Allieva di Jacques Lacan, Irigaray ne rielabora le teorie, evidenziando i limiti del linguaggio fallico e proponendo una nuova simbolica del femminile. Tra le sue opere più celebri: Speculum. Dell’altra donna (1974), Sessuali differenze (1980) e Etica della differenza sessuale (1984).

Direttrice di ricerca al CNRS di Parigi, Luce Irigaray ha insegnato in prestigiose università europee e americane. La sua influenza si estende oltre la filosofia, permeando campi come la critica letteraria, gli studi culturali e la psicoanalisi. Figura controversa ma innovativa, Irigaray continua a ispirare generazioni di studiose e attiviste, invitando a ripensare le categorie di sesso, genere e linguaggio per una società più giusta ed equa.

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