Nella sua raccolta di racconti l’autrice romana nasconde malinconia e ferite dietro la maschera dell’ironia.
La vita è breve, eccetera (Einaudi, 2023) è l’ultimo libro di Veronica Raimo, una raccolta di racconti in parte già pubblicati su riviste letterarie. Le storie variano nei luoghi e nelle situazioni, un po’ di meno nella scelta delle protagoniste. Donne reali nel loro essere irrisolte, manchevoli di qualcosa. Salvo che dell’ironia personale e di quella che gli riserva la sorte. Di solito loro malgrado.
Raimo a volte strappa un sorriso, più spesso la sua ironia rima con malinconia o ha il retrogusto amaro di chi non possiede altre armi per affrontare i contraccolpi della vita.
I suoi sono racconti da mandare giù come rimedi contro la perfezione di cui le donne dovrebbero essere ancora portatrici nella nostra società, che sia fisica o morale. Perché ognuno dei personaggi, soprattutto le protagoniste, ha un difetto più o meno evidente. Che sia un dente storto, la difficoltà a tenersi un uomo, a lasciarsi il passato alle spalle, a scegliere in maniera sensata in quale letto entrare. Ad abbandonare il limbo in cui vive, un’indefinitezza che si ha l’impressione non lascerebbero per nessuna claustrofobica certezza al mondo. Sono figure che rimangono in testa, anche quelle che passano come meteore, ognuna con una piccola, folle peculiarità.
Nel primo racconto, Non si guardano i nani, la protagonista non fa nulla perché accada la miriade di eventi inaspettati che la coglie. Come a dire che la vita ci mette già del suo a complicarsi da sola senza che ci sia bisogno di impegnarsi troppo.
Ne La commissione ampio spazio è dedicato alla scrittura come ossessione. Quando c’è, ma in particolar modo quando la pagina rimane bianca e si farebbe di tutto – davvero di tutto – per ritrovare la forza di riempirla.
Ne Il dono Raimo dimostra che non sempre se in una storia c’è una pistola questa deve per forza sparare, anzi: il bello è proprio che non lo faccia. Lasciando il lettore a bocca asciutta sì, ma dopo averlo intrattenuto per un bel po’.
Infine il bellissimo Totò lascia chi legge con l’istinto di prendere a schiaffi i personaggi che se lo meriterebbero e consolare con un abbraccio chi vede i propri sentimenti malamente calpestati.
Vale la pena spendere due parole per la geniale copertina, conferma del fatto che l’erotismo – uno degli ingredienti delle storie della raccolta – funziona non tanto come esposizione, quanto come sottrazione. Che la malizia voluta non è efficace al pari della primitiva innocenza, incarnata dalla ragazza con le trecce in primo piano. Ingenua o seducente? Lascio a voi deciderlo dopo aver letto il libro di Veronica Raimo.
Silvia Roncucci
Foto in alto: Veronica Raimo
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