La poesia nel dì di domenica: di nuovo insieme a Mariangela Gualtieri

Mariangela Gualtieri
Per la scrittrice la poesia è parola che tiene con sé il silenzio, che lo ha al proprio centro. Ne è intrisa e da quello nasce.

La riflessione che segue è tratta da un’intervista che Mariangela Gualtieri  ha rilasciato a Francesca Auteri, Alice Billò e Marco Sciotto nel 2017, in occasione di una lezione con gli studenti del Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università di Catania. La si trova su Arabeschi.

«In questo tempo storico, la mia impressione è di vivere su un foglio già fittamente scritto e scarabocchiato e dunque ogni altra scrittura, ogni altro atto espressivo viene inghiottito da questa pagina, che non è più bianca ma densa di segni ormai illeggibili, per quantità e rumorosità di fondo. Sento con certezza che il silenzio è il luogo in cui meglio ora si accumula potenza (non potere ma potenza), il luogo in cui ogni vocazione può precisarsi e fiorire. Ma c’è come dicevo una congiura del silenzio, tutto pare determinato nel non farlo accadere, nel tenerci lontani da questa dimensione che in fondo abbiamo abitato per migliaia di anni e che ora abbiamo abbandonato, almeno in occidente.

Chiunque voglia frequentare il silenzio deve ora con grande determinazione, con ostinazione direi, ritagliarsi una bolla nel frastuono del mondo. Lo si può fare dunque soprattutto astenendosi da pratiche quotidiane molto affascinanti ma di grande intralcio per chiunque voglia per davvero cominciare a diventare ciò che è. L’assillo dei telefoni cellulari, ad esempio, questo canale continuamente aperto con tutto il folto gruppo di persone che costituiscono per ciascuno il proprio mondo; ecco, questa possibilità che in qualunque istante qualcuno possa intromettersi fra me e me, fra me e la mia preghiera, fra me e il mio ascolto, fra me e la mia demenza perseguita, o fra me e la mia più brillante follia, fra me e il mio abbandono… Senza silenzio, io credo, non si arriva alla sala del trono.

Senza silenzio non ci vengono riempite le mani di doni. E il silenzio è uno degli elementi naturali, il quinto, secondo me: acqua aria fuoco terra e silenzio. Soprattutto mi preoccupa negli adolescenti questo diminuito dialogo di ognuno con se stesso, sempre impedito appunto dalle varie fascinazioni tecnologiche.

C’è una sorta di sponda interiore che si crea spontaneamente in giovane età, che dovrebbe crearsi spontaneamente, una sponda su cui appoggiare il mondo, tutto il fuori di noi che chiamiamo mondo. E su questa sponda cadono gli eventi del mondo e noi impariamo a collocarli nel loro giusto posto, dando ad ognuno il peso ed il valore che merita.

Ora questo meccanismo che per millenni ha funzionato, nel silenzio, anche nella noia, viene inceppato dall’assillo tecnologico che ci tiene sempre occupati fuori di noi. E dunque si finisce con l’essere interiormente senza appoggio, in un caos dove si confonde il valore delle cose e delle esperienze. Da ultimo vorrei ricordare che la poesia ha proprio questa peculiarità: è parola che tiene con sé il silenzio, parola che ha al proprio centro il silenzio, a differenza della narrativa che pone al centro la parola stessa. Credo che ogni poeta sia esperto di silenzio.»

Dopo Gesù è un bambino pensoso e C’è nel mattino, oggi proponiamo Scusa questo domandare tratta da Canto di ferro. L’ascolto è accompagnato dall’elaborazione video curata da Debora Menichetti.

Serena Betti

Foto in alto: Mariangela Gualtieri

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Scusa questo domandare

Amore mio,
è difficile da questo fondo, da questo finale,
dire come mi manchi, come immenso tu sei nel mancare,
adesso che mi sono persa fra masse dure, fra cinghie di buio pesto,
senza divinità, senza la tua mano che tutto sorregge.
Tu mi credi più forte, mi pensi in oro e argento, ma guarda l’orma che lascio, come di cagna, di passero stanco, di bruco, di mosca.
Non vedi come mi spengo se non mi ami? Mi secco come una pianta.
Amami ancora un poco, con cura, con tempo, con attesa. Amami come amano i forti spiriti,
senza pretesa, con fuoco generoso, con festa, senza ragionamento.
E scusa questo mio domandare ciò che si deve dare,
questo avere bisogno, scusalo. Non è degno del patto che lega la rondine al suo volo,
la rosa al suo profumo, il vino al suo colore, il tuo cuore al mio cuore.

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