Nella mente di una serial killer. Il caso di Leonarda Cianciulli

Leonarda Cianciulli
Delitti efferati di cui le protagoniste non mostrano alcun rimorso, solo un vago rimpianto. Donne serial killer che hanno amato e odiato come hanno vissuto: follemente, totalmente, tristemente. Storie di donne, come Leonarda Cianciulli, con terribili, straordinarie esistenze.

Ogni giorno scorrendo la cronaca e aspettando un nuovo femminicidio per cui intristirci, indignarci e sconvolgerci dimentichiamo che la storia è segnata da violenze e assassini, ma che non sempre vengono perpetrati da uomini. Ci sono assassine e serial killer, anche di epoche e contesti separati da secoli di storia, che sono accomunate dalla follia omicida.

Certo, gli uomini rappresentano la stragrande maggioranza dei serial killer – le donne costituiscono una piccola percentuale stimata tra l’8% e il 15% dei casi – e sono mossi da impulsi sessuali, rabbia, desiderio di potere. Le donne sono più sottili, eleganti, discrete, meno emotive, a meno che non si tratti di sentimenti.

Caterina Sforza (1463-1509) si liberava dei suoi amanti gettandoli in un pozzo sul cui fondo erano state conficcate lame mortali. Vera Renczi (1903 – 1960) li avvelenava con l’arsenico, Erzsébet Báthory (1560 – 1614) trucidò seicentocinquanta giovani donne per fare bagni di sangue e rimanere eternamente giovane.

Ci sono state psicopatiche come Ivanova e Olga Tamarin, le cannibali della San Pietroburgo dei primi del ‘900, ma anche streghe e prostitute come Madame Voisin, arsa sul rogo a Parigi nel 1680. Queste donne attraverso la propria mostruosità volevano solo celebrare l’amore. Ma era amore, il loro?

Le serial killer donne sono una categoria rara nel panorama criminale e spesso hanno caratteristiche che le rendono significativamente diverse dai loro omologhi maschili. Tendono a utilizzare metodi meno violenti, come il veleno, i farmaci, il soffocamento. Metodi che non lasciano tracce evidenti di violenza e in cui le morti possono sembrare naturali o accidentali.

Le donne sono più cerebrali, agiscono in modo da rendersi meno sospette e sospettabili. Inoltre sono spesso motivate da guadagni finanziari; in molti casi l’assassinio avviene per incassare polizze assicurative o per ereditare. Anche la vendetta è un movente tipicamente femminile, oppure controllo e ricerca di attenzione, che spesso, nella loro mente, sono confusi con amore e passione.

Le serial killer di solito scelgono chi scarificare all’interno del proprio cerchio sociale, conoscono le vittime, sono membri della famiglia, partner sentimentali, amici o conoscenti. Sono donne affascinanti, manipolative e controllanti. Spesso soffrono di disturbi borderline della personalità e a volte presentano tratti antisociali, disturbi mentali, ma non sempre. Come serial killer mostrano poca o nessuna empatia per le vittime, presentano un distacco emotivo dalle loro azioni.

Anche in Italia abbiamo avuto una famigerata serial killer, una delle più note criminali italiane del XX secolo: Leonarda Cianciulli, la “saponificatrice di Correggio”. Cianciulli uccise tre donne tra il 1939 e il 1940 convinta, che quei “sacrifici” avrebbero protetto i suoi figli, soprattutto il prediletto Giuseppe che stava per partire per la guerra.

Eventi traumatici, superstizioni, abusi e povertà segnarono la sua vita, fin dalla nascita a Montella (AV) nel 1894. Ciò le fece vivere un’intera esistenza nella convinzione che la sua famiglia fosse dannata. Nel 1917 aveva sposato Raffaele Pansardi contro il volere della famiglia e maledetta per questo da sua madre.

Si convinse che ciò fosse la causa di tutte le sue sventure e questo senso di predestinazione negativa permeò la sua intera esistenza. Dopo il matrimonio la coppia si trasferì a Correggio (RE) dove ebbe molti figli, ma pochi sopravvissero oltre l’infanzia.

Ossessionata dall’idea di proteggere la sua famiglia Leonarda arrivò a compiere atti estremi: dopo aver assassinato le sue vittime usava la soda caustica per dissolvere i corpi trasformandoli in sapone e biscotti che poi distribuiva a vicini e conoscenti.

Era un’abile manipolatrice, capace di convincere le vittime con promesse allettanti. Attirò Faustina Setti, la prima vittima, con la promessa di farle trovare marito; invece, dopo aver servito del vino drogato, la uccise con un’ascia. Cianciulli illuse Francesca Soavi, la seconda, con la promessa di un lavoro in una scuola per ragazze a Piacenza ma le fece subire la stessa sorte della Setti.

Irretì Virginia Cacioppo, ex cantante d’opera, con il miraggio di un lavoro e anche lei finì uccisa e disciolta come le altre. Fu la denuncia di scomparsa di quest’ultima vittima, che era stata vista per l’ultima volta mentre entrava nella casa della Cianciulli, che portò all’arresto nel 1940.

Durante il processo Cianciulli confessò con freddezza, distacco e dettagli agghiaccianti i tre omicidi e come si era disfatta dei corpi delle sventurate. Spiegò la propria condotta con una logica farneticante e contorta, basata su superstizioni e credenze personali, giustificando se stessa e quegli atti terribili in nome dell’amore per la propria famiglia. Venne condannata a trenta anni di prigione e tre da scontare in un manicomio criminale. Morì nell’ospedale psichiatrico di Pozzuoli nel 1970.

Federica Carteri

Foto in alto: Leonarda Cianciulli

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