Le opere dell’autrice nata a Bergamo, tradotte in diverse lingue europee, sono note anche in molti Paesi Balcanici e in Corea.
La poesia che abbiamo scelto oggi è tratta dalla raccolta La fine di quest’arte, pubblicata da Einaudi nel 2015. Cinzia Demi l’ha presentata su altritaliani.net, il portale italo-francese di cultura e informazione: «Silvia Bre è considerata una delle voci più interessanti e originali della nuova poesia italiana. Nell’arco di un ventennio di carriera vanta pubblicazioni di alto valore poetico e editoriale. Poesia di misura questa di Silvia Bre, di distanze e vuoti che si colmano nell’essenza stessa che si coglie tra gli spaccati dei versi limati da una dolce curva ritmica. Pensiamo davvero che questo nuovo libro La fine di quest’arte non faticherà a farsi apprezzare. […]
Di se stessa dice “Scrivo poesie che si accumulano: quando mi accorgo che si riguardano, quando mi viene l’esigenza di considerarle nel loro insieme, le raccolgo in un ordine”. […]
Nella prima sezione del libro emerge su tutte una costante necessità, insita nella ricerca di rapportarsi con il mondo vegetale e animale, come se fosse più utile, ai fini di una riscoperta dell’animo umano il riuscire a confrontarsi con quanto offre la natura, rispetto all’incontro con i propri simili. L’interiorità dell’autrice sembra così ripiegata in una posizione di ascolto verso la natura stessa – dicevamo – come se da questa dovessero venire le risposte per capire i passaggi necessari e vitali degli stati d’animo, del trascorrere del tempo, della dimensione stessa dello stare al mondo. E nello sforzo è come se il poeta si perdesse per ritrovarsi a seguire una verità che sembra non valere ma, che non può far a meno di seguire.»
Dopo Ognuno vuole avere il suo dolore e Lo si sa sempre proponiamo l’ascolto di Si può scavare nella scena del giorno, accompagnato come sempre dal video curato da Debora Menichetti.
Serena Betti
Foto in alto: Silvia Bre
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Si può scavare nella scena del giorno
Si può scavare nella scena del giorno
come l’occhio nel verde
basta un maestro piccolo, una guida
alla volta, uno che è linea di montagna
ramo di salice, lavanda, fatti così
perché lo spazio insegna a conquistare
il cielo dietro e più lontano
è libera pazzia che cerca ancora
e scava in fondo a sé, finché mi avvista.