Pillole di Femminile – Storie piccole che raccontano un mondo grande #107

Con entusiasmo pubblichiamo “La palestra”, un racconto di Viola Valentinetti, la più giovane tra le autricə ospitate in questa rubrica. Le auguriamo di fiorire, come questo scritto lascia presagire.

Pillole di femminile, la rubrica per riflettere su alcuni piccoli grandi temi legati alla vita di tutti i giorni. 

LA PALESTRA di Viola Valentinetti

La palestra. Il luogo che odio di più. Le urla lancinanti dei miei compagni di classe se non prendo la palla, l’autostima che cala sempre più giù e la voglia di scappare via ogni volta che giochiamo a palla prigioniera.

Quanto odio la palestra. Non la sopporto. La detesto, come detesto i miei zii quando mi regalano la felpa della Nike al mio compleanno perché credono che io sia come i normali “teenager”, o come quando provo a guardare il cielo di notte e vedo che, simile a un guanto, qualcosa nasconde le stelle e fa in modo di rendere tutto triste, morto, risucchiato da una forza che ti impedisce di vedere le cose belle, speciali, che nessuno nota.

Ecco, ventunesima volta che non prendo la palla. Di colpo tutti mi fissano e mi urlano contro come se fossi l’essere più ingrato al mondo o la persona che ha fatto perdere la squadra ai mondiali o chissà dove. Eppure è solamente una partita in una palestra di una scuola a caso che domani nessuno ricorderà nemmeno.

Mi ero ripromessa che me la sarei svignata andando in bagno la trentaduesima volta che non acchiappavo quella maledetta palla ma… sono troppo stanca, ci vado adesso. Lo chiedo alla prof mentre lei mi guarda come se le avessi detto che il suo smalto è orribile (cosa super vera). Annuisce con aria scontrosa e mi dice: «Vai pure.»

Corro verso il bagno della palestra e mi sciacquo il viso toccandomi come se le guance fossero squishy. Faccio un respiro profondo ed esco dal bagno. Sto per rientrare in palestra quando sento un rumore alle mie spalle. Un tintinnio.

Mi giro di scatto e faccio due passi avanti con aria da investigatore. Tre passi. Quattro. Al quinto, sento di nuovo quel rumore. Lo seguo, non molto convinta di quello che sto facendo. Al decimo passo sento ancora il tintinnio. Stavolta più forte. Continuo a camminare un po’ dubbiosa. Poi incontro un bidello. Mi saluta con fare enigmatico e mi domanda: «Dove stai andando?»

Non so proprio cosa rispondere. Poi dico la prima cosa che mi piomba in mente: «La mia professoressa di Educazione Fisica mi ha chiesto… » pensa… «ehm… » dai tira fuori un’idea! «…di farle il caffè alle macchinette!»

Il bidello sorride. Ora immagino che se ne vada ma resta lì, come se si aspettasse che io faccia qualcosa. Poi esclama: «Ma non devi farle il caffè?» Mi guardo intorno in cerca di una scusa credibile e di un’illuminazione stile serie tv americana e farfuglio: «Oops, che sbadata, ho dimenticato le chiavi!»

Lui allora, come se stesse tirando fuori un coniglio dal cilindro, prende le chiavi delle macchinette da un taschino color ciliegia della sua maglia e le infila nella macchina lì accanto. Quando il caffè è pronto, me lo dà in mano, mi sorride e se ne va orgoglioso. Non sapendo cosa fare a questo punto, mi giro a caso verso le macchinette e vedo il mazzo di chiavi del bidello appoggiato lì sopra…

Sto per chiamarlo per restituirgliele quando risento il famoso tintinnio. Allora lo seguo, stavolta correndo con passi decisi. Arrivo in una parte della scuola dove non ero mai stata. Eppure ero convinta di averla esplorata tutta. Questa faccenda comincia a intrigarmi.

È un posto vuoto, nero, pieno di ragnatele che sembrano volermi catturare. Il tintinnio ora è forte, quasi assordante, ma allo stesso tempo piacevole. Continuo a seguirlo. A un certo punto, coperta dalla polvere, intravedo una porta bianca senza maniglia con scritto sopra in rosso: “VIETATO L’INGRESSO AGLI STUDENTI”.

È come se mi stesse pregando di entrare. Ma come faccio? Non ha nemmeno la maniglia. Faccio due colpi di tosse e la polvere si sparge in tutta la stanza (o qualunque luogo sia). Intravedo quindi qualcosa che prima non avevo notato. Una sorta di… serratura! Effettivamente ho ancora in mano il mazzo di chiavi del bidello.

La curiosità si impossessa di me e comincio a provare, una alla volta, tutte le chiavi nella serratura. Niente. Non ne vuole sapere di far girare almeno una chiave. Comincio a scoraggiarmi. Mi accovaccio sul pavimento che, tanto per cambiare, è pieno di polvere. Mi faccio, come adoro dire, “un bagno di pensieri”. Forse sarei dovuta tornare in palestra e abbandonare questa folle avventura. Ma qualcosa mi ha impedito di farlo.

Di nuovo quel rumore… il tintinnio. Ora però è come se provenisse da dentro le mie mani. Come se lo stessi toccando. Poi mi accorgo che in mano ho il mazzo di chiavi e che una di loro si muove, tintinnando. Tremando, la infilo nella serratura e… si apre.

«Ehi! Stavi dormendo nello spogliatoio? Ti stavamo cercando!» mi dice la mia migliore amica. «Ma lo sai che sei stata via tutta l’ora?» continua. «Che cosa hai fatto? Dove sei stata?»

Non so proprio cosa rispondere. Anzi… in realtà lo so benissimo.

Viola Valentinetti

In alto: elaborazione grafica di Erna Corsi

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