La poesia nel dì di domenica presenta la poesia di Cristina Campo

Cristina Campo
Riconosciuta come una delle voci poetiche più alte del ‘900, è stata straordinaria e originale interprete della più profonda spiritualità insita nella letteratura europea.

Era una donna di rara eleganza, minuta e intelligente, che ha combattuto per tutta la vita contro una malattia cardiaca congenita, che la costrinse a lunghi periodi di riposo. Nella malattia, tuttavia, fece scoperte profonde e ebbe brillanti intuizioni letterarie. Cristina Campo (Bologna, 1923 – Roma, 1977) sembra catapultata sulla terra da un universo etereo in cui vivono esseri fatti di pura anima. Lei stessa affermava: «Due mondi – e io vengo dall’altro.»

Leggeva insaziabilmente. Non viveva che nei libri e per loro tramite, stabilendo con gli scrittori trapassati un colloquio ininterrotto. Hofmannsthal, Lawrence, e di nuovo le favole che continuava a esaminare da adulta. E poi lei, Simone Weil, l’amata. Ne condivideva lo sguardo sul mondo, quella compartecipazione che le faceva sentire come proprio ogni dolore degli altri. «Simone mi rende tangibile tutto ciò che non so credere.» Ed è nell’impatto con lei che in qualche modo si apre anche la prospettiva della fede.

A partire dalla fine degli anni ‘60, Cristina Campo trovò un nuovo sbocco spirituale con la conversione alla religione cattolica. Un punto di fuga, l’unico ormai possibile per una sensibilità così acuta. Inizia a frequentare abbazie e conventi romani. È attratta dalla liturgia e dal gregoriano. È affascinata dal silenzio e dalle monache. «La religione non è altro che destino santificato.» Legge i mistici, soprattutto Meister Eckhart e Angela da Foligno. «Non posso leggere che questa gente, da qualche mese; di qualunque cosa al mondo io desideri sentir parlare, essi ne parlano perfettamente.» La sua ossessione per la verità e la bellezza la portò a rifugiarsi in un mondo che, come tutti i luoghi di paradiso, non ha epoca né consistenza materiale.

Nonostante l’indifferenza che le dimostrò l’ambiente letterario italiano, che la considerava reazionaria, Campo non si curò mai di cercare il consenso. Preferì nascondersi dietro una serie di pseudonimi, per vivere lontana dall’applauso, che considerava una mortale misura del tempo. È stata una voce unica, che ha posto la verità e la bellezza al centro della sua produzione letteraria. La sua opera si distingue per la purezza stilistica, la tensione verso l’essenziale e il rifiuto di ogni banalità. Tra le sue raccolte più importanti ricordiamo: Passo d’addio (1956) primo libro di poesie, Gli imperdonabili (1987), La tigre assenza (1991) e tanti altri scritti, saggi, poesie e traduzioni che testimoniano la sua vasta produzione letteraria.

Per La poesia nel dì di domenica, Serena Betti legge per noi una poesia di Cristina Campo. Buon ascolto.

Debora Menichetti
Foto in alto: Cristina Campo
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Si ripiegano i bianchi abiti estivi
e tu discendi sulla meridiana,
dolce Ottobre, e sui nidi.

Trema l’ultimo canto nelle altane
dove il sole era l’ombra ed ombra il sole,
tra gli affanni sopiti.

E mentre indugia tiepida la rosa
l’amara bocca già stilla il sapore
dei sorridenti addii.

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