Pillole di femminile – Storie piccole che raccontano un mondo grande #121

La pillola di oggi è tratta da Questo immenso non sapere di  Chandra Livia Candiani.  «Certe mattine ci si sveglia come se si fosse fatti di una materia friabile, basta un soffio, un piccolo gesto maldestro per svanire del tutto.»

Pillole di femminile, la rubrica per riflettere su alcuni piccoli grandi temi legati alla vita di tutti i giorni. Scade oggi, 21 dicembre 2024, il termine per partecipare alla nostra call “Racconti di futuri imperfetti”.

Siamo arrivati all’ultimo mese dell’anno. Un periodo in cui tiriamo le somme di quello che abbiamo vissuto, capitato o scelto che sia. Occasioni arrivate e colte, o perse. Traguardi raggiunti, mancati oppure solo rinviati.

Non mi sono mai piaciuti particolarmente i bilanci, lo confesso. La maggior parte delle volte chiudevo pensando che l’elenco delle cose “belle” era sempre in svantaggio, così mi sentivo a credito e un po’ delusa. Ma mi godevo poco anche quelli in cui il risultato era positivo perché una parte di me si sentiva in colpa. Era come se non mi meritassi tutta la gioia vissuta. «Mai contenta» mi diceva una vocina interna. E quello che mi dico oggi, in piena facoltà, è che sono stata ingrata, con me stessa e con la vita.

Di anni belli ce ne sono stati, e pure parecchi, e devo ringraziare questa età “grande” se li riconosco. Certo il rimpianto è in agguato, ma ho imparato a rimetterlo al suo posto: tutto quello  che ho fatto, anche, e soprattutto, sbagliando, perché l’orgoglio ha governato molto la mia vita, l’ho costruito con gli strumenti che avevo in quei momenti.

La consapevolezza e le riflessioni che oggi riesco a fare su di me, me lo fanno vedere chiaramente: tornare indietro e agire diversamente non si può, rimpiangere o recriminare può solo farmi stare male, e quello che accade nel mondo basta e avanza. Ciò che posso fare, però, e godere appieno di ogni giorno.

Devo molto a Chandra Livia Candiani. Questo immenso non sapere è un libro che tengo stabilmente sul mio comodino: la sera, prima di addormentarmi, apro una pagina a caso e la leggo, piano, sottovoce, quasi sussurrando, prima di augurarmi la buonanotte. Sono molte le cose che mi ha insegnato. Al primo posto metto sicuramente la pratica della meraviglia. Non che prima non la esercitassi, anzi, i miei slanci di entusiasmo, o di gioia, sono noti a chi mi conosce. Candiani mi ha fatto capire l’importanza di assaporarli, di fermarmi e accoglierli dentro di me, di respirarli, “sentirli”, starci dentro: non è solo una pratica, è proprio una cura.

Il secondo passo è accettare qualsiasi cosa mi capiti. E qui la cosa si fa un po’ più complessa, sento che ho parecchie resistenze. Ma sono sempre più convinta che questa sia la strada da percorrere, come molti Maestri insegnano. È arrivato il momento di “conoscermi” con franchezza, guardare le mie parti oscure, quelle che non voglio vedere, che nascondo anche a me stessa.

Ma anche e soprattutto accogliere la mia fragilità, le mie paure, cercare di capire dove nasce la sofferenza, che cerco sempre di scacciare al più presto, scoprire che radici ha:

«… Certe mattine ci si sveglia come se si fosse fatti di una materia friabile, basta un soffio, un piccolo gesto maldestro per svanire del tutto. È meglio accorgersi al più presto e, parlandosi con estrema delicatezza, accompagnarsi al silenzio. Mettere a tacere senza violenza, le voci e i commenti, poi alzarsi con molta cautela come un animaletto di vetro sottilissimo e non lasciarsi mai soli, accompagnando ogni gesto e chiedendo delicatamente il silenzio. Lavarsi, vestirsi, fare colazione molto lentamente, con una grazia intenta, come fossero piccoli rituali segreti, come se tutto il mondo fosse diventato delicatissimo. Sedersi senza commento alcuno, ascoltare il respiro, continuando a trascurare i pensieri che interferiscono, le voci acuminate. Fa tutto male, ma si può imparare ad avere a che fare con i grandi ustionati. Lentamente, lentamente il male si sposta nel cuore e a poco a poco lo riempie di un’acqua tiepida e salata; allora qualche frammento si scioglie, allora tenendosi fortemente per mano non si sprofonda, si ascolta lo sgretolarsi lentissimo del male come la sabbia in una grande clessidra. Si cammina e fa male, ci si siede e fa male, si beve e fa male, si legge e fa male, si apre la finestra e fa male, ma il male non è abituato al bene, e lasciandolo essere e togliendo la parola ai pensieri che lo commentano trova la porta del cuore e si riposa. Scendono gocce di male oppure no: quello che conta è che abbia trovato asilo. Più tardi il pensiero saprà nominare quello che era impensabile …»

Ecco, questo sarà il mio primo proposito per il nuovo anno! È tempo di conoscermi e di voler bene a qualunque parte di me incontrerò, o almeno a provarci.

Serena Betti

Foto in alto: Elaborazione grafica di Erna Corsi

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