Pillole di Femminile – Storie piccole che raccontano un mondo grande #122

Con grande piacere pubblichiamo “Una mattina come tante”, racconto con il quale Daniele Mannini ha partecipato alla nostra ultima call del 2024: “Futuri imperfetti”.

Pillole di femminile, la rubrica per riflettere su alcuni piccoli grandi temi legati alla vita di tutti i giorni.

UNA MATTINA COME TANTE di Daniele Mannini

Percorre le ultime due rampe di scale di corsa, dribblando le persone a rischio di cadere e rovinare su qualcuno facendolo rotolare giù dalle scale. Salta il tornello, non può perdere tempo a fare il biglietto. Un ultimo allungo e poi l’uscita a destra, che porta al binario.

Giusto in tempo per vedere il treno che si arresta. Il sibilo dei freni si spegne soffocato dal soffio delle porte che si aprono. Si guarda attorno, sa che è lì, ma non riesce a trovarlo. Si sposta avanti e indietro sulla banchina, zigzagando tra i grumi di persone fermi di fronte al flusso che esce dalle vetture. Forse dovrebbe chiamarlo, gridare il suo nome per vedere se qualcuno si volta. Un minuto, forse due, per trovarlo prima che il treno parta. Infine lo vede, in piedi, con la sinistra si tiene al corrimano. La testa china sul cellulare. Alza lo sguardo. Si trovano. Si osservano, sorpresi dall’esitazione dell’attimo. Poi è già troppo tardi. Il segnale acustico, le porte che si chiudono. La vettura ha un sussulto, si muove. Marta vede Matteo scivolare in avanti, come se fosse risucchiato dalla galleria buia insieme ai vagoni della metro.

Resta ferma sotto le luci della stazione, sulla banchina spoglia di gente e di vita.

Un addio, come tanti altri. Né più né meno. È così che vanno queste cose. E c’è sempre un perché a cui ti puoi attaccare per trovare una ragione, e certo alcuni motivi sono più credibili di altri, ma se vai a vedere la sostanza non cambia molto, perché la vita non è mica come si racconta. Se vai a vedere non c’è una logica per cui le cose vanno in un modo invece che nell’altro. Estrai una carta dal mazzo e con quella fai il tuo gioco. Stai e ti accontenti oppure scegli di rischiare e peschi un’altra carta.

Matteo aveva scelto di andare. Marta, invece, sarebbe rimasta con le carte che aveva.

E forse sarebbe stata lei a fuggire, prima o poi. Chissà come sarebbe andata. Da giovani si hanno più certezze, e quello ti frega. Non possiamo fare a meno di credere che ci sia un ordine più o meno prestabilito. Indizi, segnali premonitori attraverso cui pensiamo di leggere sequenze non ancora concluse, anticipando la fine del film. Da giovani, ma anche dopo, ce la continuiamo a raccontare, per continuare sulla strada dell’abitudine e dormire la notte e credere che la vita migliore sia proprio quella che facciamo, che non ce ne sono altre veramente possibili.

Quel giorno, nella metro, l’aveva visto. L’aveva cercato in mezzo alla folla e l’aveva trovato incrociando il suo sguardo. Non era sceso, era fuori discussione, ma lui sapeva che lo stava cercando. Restò con quell’espressione stolida che conosceva fin troppo bene, come quando cercava evitare una risposta. Era un pavido, una di quelle persone che non ti dicono mai quello che pensano. No, va bene, no, davvero, è tutto a posto. Tutto a posto. Dio, come non sopportava quell’espressione che tirava fuori quando non sapeva più che pesci prendere.

L’ultima carrozza era stata risucchiata nella galleria, non aveva più senso che restasse lì, non aveva più senso nulla. Sarebbe rimasta se avesse potuto mettere a tacere il rumore del tempo, quello che risuona nelle nostre teste e che ci dice che dobbiamo andare, che è tempo di fare una scelta, e non importa se non siamo del tutto convinti, il senso lo troveremo dopo. E lei doveva tornare verso l’uscita, camminando tra gallerie di piastrelle sbrecciate, guardata dai manifesti della pubblicità che sfilavano al suo fianco nella scala mobile, tra il terzo e il primo livello, facendo attenzione a non urtare il solito ritardatario che ti sbuca dall’angolo correndo e che se non stai attenta ti travolge. Come aveva fatto lei, del resto, poco prima.

Si era arrestata davanti all’uscita, sugli ultimi gradini che separano il piano stradale dai cancelli della stazione. Sono i più sporchi, la terra di mezzo che congiunge il mondo di sotto con quello di sopra. Carte, lattine, bottiglie vuote, chiazze di urina rappresa negli angoli. Pochi sporchi gradini di indifferenza, di fretta, di plaid e cartoni su cui accucciarsi la notte. Si era soffermata a guardare il disordine e poi era uscita, senza più alcuna esitazione.

Marta scosta la fronte dalla finestra, si è svegliata troppo presto, il cielo è ancora scuro. Sarà per questo che è scivolata lontano nei ricordi. Guarda il giardino, la siepe è troppo alta. Dirà a Stefano di tagliarla, prima di andare a pranzo dai genitori.
Versa l’acqua calda del boiler nella teiera, si scalda una fetta di pane. Il gatto si struscia alla gamba. Marta prende la busta dei croccantini e riempie la ciotola.

Chissà che fine ha fatto?, pensa. Si porta la tazza alle labbra, ma è ancora troppo caldo.
Da quella volta non l’ha più visto. Sapeva da amici comuni che era andato in un’altra città, che aveva lasciato l’università e che cercava lavoro. Poi ne aveva perso le tracce.
Si chiede se ha ancora i capelli lunghi e lo sguardo pensieroso.

«Mamma?»
Suo figlio è sulla porta della cucina, si stropiccia gli occhi.
«Già sveglio, tesoro?»
Si rannicchia cercando il suo abbraccio. «Vieni?»
«Sì, torna a letto, metto a posto e ti raggiungo. Si china su di lui, lo bacia sulla testa. «Vengo subito» dice, mentre il bambino esce dalla stanza strascicando le pantofole. Beve qualche sorso di tè.

Toglie i piatti della sera che sono rimasti nel lavello. I bicchieri e le posate li ha già messi, nella lavastoviglie. Tra poco si sveglierà suo marito, forse dovrebbe andare anche da lui, con suo figlio, tutti insieme a farsi due coccole per iniziare bene la giornata.

Sarà una domenica impegnativa, c’è da andare a pranzo dai genitori e ci sono anche i compiti di Giulio da finire. La sera pizza e film. Forse con Matteo sarebbe stato diverso, lui in casa non ci voleva restare e trovava sempre qualcosa da fare. Forse, se non avessero litigato così tanto, chissà. Ma poi non è vero, Matteo non era quello che voleva.

Sono mattine come quella che ti fanno pensare sciocchezze, perché ti svegli troppo presto e scivoli nei ricordi, nomi, amori, speranze. Occasioni mancate.
Un ultimo sorso di tè. Il pane tostato non le va più.

Stefano era il migliore, la scelta giusta per mettere su famiglia. Un uomo con la testa a posto. E era stato proprio così, una persona buona, che la amava. Era stata la cosa giusta da fare e se fosse tornata indietro nel tempo avrebbe rifatto la stessa scelta.
Si alza, apre la lavastoviglie e mette dentro anche la tazza e il cucchiaino. Si guarda attorno, tutto è in ordine.

Tanto la vita non mantiene nessuna promessa, fino in fondo, pensa, perché le porte si chiudono, e devi scegliere da quale parte stare. E lei sulla banchina a ingoiare un altro addio, no, non c’era voluta stare.
Se resti ferma a aspettare qualcuno, la storia finisce male. Si deve scegliere.
Matteo, lo aveva fatto, e poi anche lei aveva detto il suo sì, convincendosi che era innamorata, che Stefano fosse la persona giusta, e che in ogni caso lei non voleva essere risucchiata dentro una qualche galleria buia, e meglio tante domeniche tutte uguali del vedere treni partire.
Tanto le porte si chiudono, prima o poi. Prima o poi.

«Marta?» Stefano si stira andandole incontro. Sorride.
«Ciao» Marta lo guarda, le sembra di vederlo per la prima volta.

Daniele Mannini

In alto: elaborazione grafica di Erna Corsi

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Daniele Mannini
Daniele Mannini

Daniele Mannini è uno psicologo e psicoterapeuta, vive il suo tempo immerso nelle storie di sempre: speranze, delusioni, paure. Qualche volta è qualcuno che non trova la strada o da chi la vuole cambiare e non ci riesce. Scrivere storie è un piacere che ha scoperto da poco, come rivolta verso un mondo chiuso di diagnosi, teorie e protocolli, perché come afferma lui stesso «le storie sono anarchiche, ti portano dove vogliono loro.»

Se questo articolo ti è piaciuto condividilo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Solve : *
24 + 22 =