Il saggio imprescindibile che ha posto le basi per lo studio della storia dell’arte dal punto di vista femminile.
La prima volta che provò un senso di emarginazione rispetto alle strutture culturali dominanti Linda Nochlin (1931-2017) aveva diciassette anni. Era il 1948 e lei era una ragazza ebrea di New York in viaggio nel Regno Unito. Molto prima, dunque, che diventasse una stimata docente, autrice del saggio Perché non ci sono mai state grandi artiste? uscito negli Stati Uniti nel 1971, edito in Italia da Castelvecchi (ultima ed. 2019) e diventato fondamentale per lo studio della storia dell’arte da un punto di vista femminile.
Quella sensazione di isolamento ebbe il merito di spingerla a interrogarsi sul concetto di identità e sul punto di vista maschiocentrico – o meglio, bianco-maschiocentrico – considerato come «naturale.»
In Perché non ci sono mai state grandi artiste? Nochlin parte dell’idea che la domanda stessa sia impropria. È come chiedersi perché non ci siano mai stati grandi artisti di colore (almeno fino a un certo punto) o aristocratici. Il sistema educativo e culturale, semplicemente, non lo permetteva, non forniva spazi, opportunità, sostegno. Se per le donne o le minoranze etniche era fuori questione, per l’aristocrazia il rapporto con l’arte era possibile solo in veste di committenti o dilettanti.
La possibilità di frequentare accademie e disegnare dal nudo, inoltre, è stata a lungo preclusa anche alle donne che avevano intrapreso la carriera artistica. Il che, a sua volta, impediva loro di dedicarsi ai generi ritenuti più nobili: quello di storia o mitologico. In aggiunta, i grandi artisti avevano bisogno di libertà di movimento per conoscere mecenati e sviluppare contatti, cosa che per le donne era più complicata. Di fronte a tali diseguaglianze sociali e educative c’è da meravigliarsi, osserva Nochlin, se sono anche soltanto esistite delle brave artiste. Nella maggior parte dei casi si è trattato di donne instradate o supportate da persone vicine, oppure personalità non convenzionali o che si sono sapute ritagliare uno spazio nel mercato dell’arte.
Nochin, inoltre, rifiuta l’idea dell’artista dotato di un talento innato, idea alimentata dalla critica che non ha approfondito aspetti fondamentali per la formazione dei cosiddetti «geni.» E sfata il mito del rapporto tra stile e genere, l’idea che le donne abbiano dimostrato un gusto più aggraziato rispetto a quello energico degli uomini.
Nella riedizione ampliata del 2006, infine, l’autrice sottolinea come le donne abbiano influenzato i loro colleghi. Ad esempio, lavorando per secoli con tecniche non convenzionali, come la miniatura o il ricamo, hanno avuto un ruolo di rottura delle barriere tra generi e media.
A partire dal prossimo mese, la rubrica Grandi artiste e dove trovarle tratterà di alcune tra le maggiori creative italiane e non. Senza la volontà di essere esaustiva, ma con lo scopo di instillare curiosità in chi legge, invogliando a visitare musei, collezioni, parchi che hanno l’onore di accogliere i loro lavori.
Foto in alto: Linda Nochlin
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