Compiuta Donzella, la prima poeta volgare senza marito né sire

The Magdalen Reading di Rogier van der Weyden
Una donna la cui esistenza è un enigma letterario. Operando sotto pseudonimo ha composto versi che hanno lasciato il segno.

Compiuta Donzella, vissuta nel XIII secolo, sembra essere la prima poeta italiana, o comunque la prima a farsi conoscere nei cenacoli letterari della sua epoca.

Non stupisce che abbia adottato un nome fittizio in quanto nel corso della storia è una pratica diffusa a cui ricorrevano molte autrici. Una donna che scrive è una donna che pensa, e una donna che sfrutta le proprie capacità era una sorta di anomalia. Molte sono state le scrittrici che hanno optato per l’uso di una firma inventata in modo da mettersi al riparo dalle critiche.

Di questa donna non conosciamo molto, possiamo solo fare ipotesi. Alcune informazioni le possiamo estrapolare: di certo disponeva di un buon grado di alfabetizzazione e questo doveva essere collegato alla sua posizione sociale di tipo nobiliare; era nota nell’ambiente intellettuale fiorentino poiché molti poeti l’hanno menzionata (fra cui anche Guittone d’Arezzo) e quindi doveva aver creato un certo scalpore.

Dunque riesce a ritagliarsi uno spazio tutto suo nella storia culturale italiana e a farsi riconoscere dai suoi contemporanei maschi, volenti o nolenti che fossero. Così scardina la figura della donna-angelo il cui unico scopo è quello di nobilitare il poeta.

Se ci focalizziamo sul modello stilnovista, notiamo la discrepanza secondo cui la donna può nobilitare l’uomo ma non è capace di nobilitare se stessa. Le virtù femminili diventano solo uno strumento letterario che favorisce la controparte maschile. Eppure grazie al proprio intelletto le donne hanno creato una letteratura di immenso valore.

Compiuta Donzella non ci sta a essere solo una fanciulla angelica, silenziosa e ubbidiente. No, lei si ribella e lo fa grazie alla penna, un’arma insospettabile ma estremamente forte. È una donna che impone il proprio pensiero, che si oppone alla morale comune del suo tempo e decide di far risuonare la propria voce.

Oltre allo sguardo che la società le puntava addosso in quanto donna, era anche sottoposta all’autorità paterna. Suo padre, infatti, le aveva combinato un matrimonio con un uomo che lei non amava provocandole amarezza e risentimento. Non può scegliere per sé, allora trova nella composizione di rime la sua valvola di sfogo.

Nel sonetto “A la stagion che ‘l mondo foglia e fiora” contrappone la primavera quale lieta stagione degli amori nascenti alla propria condizione di disappunto per le imposizioni del padre. Questo astio è esplicito quando nei versi scrive:

«Ca lo mio padre m’ha messa ‘n er[r]ore,

e tenemi sovente in forte doglia:

donar mi vole a mia forza segnore.»

Possiamo immaginare la sofferenza di una donna costretta a sposare un uomo che non conosce, una ferita così grande da spingerla a comporre sonetti per trovare conforto in qualche modo. Che fare a questo punto? Soccombere alle nozze o trovare una via di fuga? Compiuta sceglie la vita monastica, ma ancora una volta il padre le impedisce di seguire i propri desideri. Leggiamo ancora le sue sensazioni nel sonetto Lasciar vorria lo mondo e Deo servire:

«[…] ond’io marito non vorria né sire […]

Membrandomi c’ogn’om di mal s’adorna,

di ciaschedun son forte disdegnosa […]

Lo padre mio mi fa stare pensosa […].»

Come si sia conclusa la sua vicenda non lo sappiamo, è assai probabile che alla fine, nonostante la riluttanza, sia stata costretta a sposarsi. Però mi piace pensare che abbia continuato a scrivere, se non per il pubblico, almeno per se stessa.

Compiuta Donzella era un’anima indomita che ha tentato di scegliere il suo percorso di vita e che con le parole ha innescato una protesta che tutt’oggi le donne che scrivono portano avanti.

Le parole sono potenti, sono anche capaci di cambiare il mondo se usate nel modo giusto.

Altea Fiore

Foto in alto: The Magdalen Reading di Rogier van der Weyden (crediti immagine: The National Gallery, Londra)

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