Pillole di femminile – Storie piccole che raccontano un mondo grande #130

Orfana, bella, ricca, colta e sola, la protagonista decide di assumere dosi massicce di farmaci per dormire e rinascere purificata.

Nuovo appuntamento con Pillole di femminile, la rubrica per riflettere su alcuni piccoli grandi temi legati alla vita di tutti i giorni. Partecipa alla nuova call “Abbagli”, invia il tuo racconto inedito entro il 30 aprile 2025.

La lettura di oggi è tratta da Il mio anno di riposo e oblio, il romanzo della scrittrice americana Ottessa Moshfegh. Edito da Feltrinelli nel 2010, il libro parla di solitudine, dolore e vuoti esistenziali.

«In novembre però ci fu una svolta sgradevole.
La tranquillità spensierata del sonno fu sostituita da una sorprendente ribellione subliminale – iniziai a fare cose quando non ero cosciente. Tipo che mi addormentavo sul divano e mi svegliavo sul pavimento del bagno. I mobili venivano spostati. Mettevo le cose nel posto sbagliato. Andavo alla bodega senza rendermene conto e mi svegliavo con i bastoncini dei ghiaccioli sul cuscino, macchie arancioni o verde acceso sulle lenzuola, mezzo cetriolo sottaceto gigante, sacchetti vuoti di patatine gusto barbecue, confezioni mini di latte al cioccolato sul tavolino, piegate e piene di segni dei denti in cima.

Quando mi ripigliavo da quei blackout, scendevo a prendere i miei caffè come al solito, e facevo due chiacchiere con gli egiziani per capire se mi ero comportata stranamente l’ultima volta che ci ero andata. Sapevano che ero sonnambula? Avevo detto qualcosa di importante? Avevo flirtato? In genere gli egiziani erano indifferenti, e rispondevano alle chiacchiere standard o mi ignoravano, quindi era difficile capire. Certo il fatto che uscisse di casa da sonnambula era preoccupante. Mi sembrava antitetico al mio progetto di ibernazione. Se avessi commesso un crimine o fossi stata travolta da un autobus, mi sarei persa l’occasione della vita nuova e migliore. Se le mie escursioni inconsce si spingevano soltanto fino alla bodega all’angolo andava bene, pensai, sarei sopravvissuta. La cosa peggiore che potesse succedermi era di fare figuracce davanti agli egiziani e quindi avrei dovuto ricominciare ad andare alla gastronomia a qualche isolato più in giù sulla First Avenue. Avevo pregato che il mio subconscio capisse il valore della comodità. Amen.

Fu allora che i miei acquisti online di intimo e jeans di marca si fecero una cosa seria. A quanto pareva, una parte superficiale di me mirava nel sonno a una vita di bellezza e sex appeal. Prendeva appuntamenti per fare la ceretta, prenotavo spa che offrivano trattamenti infrarossi e pulizia del viso e lavaggio del colon. Un giorno cancellai la mia carta di credito nella speranza che mi impedisse di riempire la mia agenda inesistente di tutte le cose superflue di qualcuno che un tempo pensavo di dover essere. Una settimana dopo mi arrivò per posta una nuova carta di credito. La tagliai in due.

I miei livelli di stress aumentarono. Non potevo fidarmi di me stessa. Mi sentivo come se avessi dovuto dormire con un occhio aperto. Carezzai perfino l’idea di istallare una videocamera per registrarmi mentre ero incosciente, ma sapevo che avrebbe solo dimostrato da resistenza al mio stesso progetto e non mi avrebbe impedito di fare niente, visto che non sarei stata in grado di guardare la registrazione finché non fossi stata completamente sveglia. Quindi ero in uno stato di panico perenne. Raddoppiai la dose di Xanax nel tentativo di placare l’ansia.»

Serena Betti

Foto in alto: Elaborazione grafica di Erna Corsi

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