La poesia nel dì di domenica: “Mattine disastrate“ di Anna Maria Carpi

«Nessuno lo sa ma io per vari anni ho disegnato, disegnato dal vero, a matita e a china, con una spiccata tendenza alla caricatura.»

Anna Maria Carpi, nata a Milano nel 1939, ha studiato alla Statale Lingue e Letterature straniere, tedesco e russo, e ha frequentato l’Accademia di Brera. Professoressa ordinaria di lingua, letteratura e  storia della lingua tedesca ha insegnato nelle Università di Milano, Venezia e Macerata. Autrice di romanzi e saggi sulla poesia tedesca, il suo nome è legato alle traduzioni di opere di Nietszsche, Handke, Rilke, Celan.

Ma, come ha raccontato ad Anna Maria Curci e Gianni Montieri durante un incontro per Poetarum Silva, in un certo momento della sua vita ha prevalso la poesia: «Ho scritto poesia già nell’adolescenza ma, essendo convinta che per chi scrive la vera prova fosse la narrativa, per anni ho speso il mio tempo, e lo rimpiango, in una quantità di incipit senza soluzione. Molto tempo ho speso fino al 2002 anche a tenere un diario, sono migliaia di pagine, ma questo non lo rimpiango. Dopo il ’90 ha vinto comunque la poesia. Non è una sorta di gatto di casa, è, credo, la mia vera vocazione, consona al mio “non saper inventare”.» Ed è sempre a Curci e Montieri che la poeta parla della sua parentesi artistica: ha esposto a Milano e Colonia e uno dei suoi disegni si trova al Museo della Caricatura di Tolentino. 

Carpi, che ha collaborato con L’Indice e Il foglio, ha ricevuto molti riconoscimenti. Uno dei più prestigiosi, il Premio Nazionale per la Traduzione, le è stato assegnato nel 2012 dal Ministero dei Beni Culturali.

In questa prima domenica di marzo proponiamo Mattine disastrate, tratta dalla raccolta  L’asso nella neve, Transeuropa 2011. L’elaborazione video è curata da Debora Menichetti.

Serena Betti

Foto in alto: Anna Maria Carpi – Notturni diversi

© RIPRODUZIONE RISERVATA            

Mattine disastrate
sola in casa,
avanti e indietro dal computer al frigo
per trovare una frase
nel rhum nel whisky, e non so mai quanto,
scrivo anche mail, confondo
i destinatari
e dico ciò che non dovrei mai dire
perché il mondo ha i suoi usi
e una decenza. Io non l’ho appresa.
Non mi contengo
come fanno gli altri,
io cerco di spiegargli
la mia rovina e so che non si spiega,
e quando è mezzogiorno trasalisco,
devo tornare all’ordine,
vestirmi, mascherare
il caos in cui mi è parso di danzare – ma se è l’unica
felicità che ormai conosco!
Sei…sei in te? osserva gentilmente
il mio compagno a tavola.
Non è severo, solo non capisce. Lui non si chiede
che senso abbiano i giorni –
ovvero sì: nessuno.
Ma io non posso crederci.

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