Tra le più importanti e interessanti poete contemporanee è autrice di saggi sulla poesia tedesca e ha vissuto per anni a Bonn.
«Alla parola “monotonia” diamo quasi sempre un significato negativo. Anche in estetica. Eppure artisti notevoli e spesso grandi l’hanno eletta a musa. La loro opera si gioca tutta su pochissimi caratteri tematici e formali. Restano inchiodati a un’ossessione, oscillano tra gli stessi poli. Se il nocciolo poetico è solido, e inconfutabile come un’impronta digitale, allora la serialità può essere feconda. Si pensi a Giorgio Morandi, o a Sandro Penna. Nella poesia contemporanea italiana si contano tre casi rilevanti di questa monotonia: uno, il più penniano, è quello di Patrizia Cavalli; gli altri portano i nomi di Umberto Fiori e di Anna Maria Carpi.»
Matteo Marchesini sul quotidiano Il Foglio apre con queste parole la presentazione della raccolta E non si sa a chi chiedere, di Anna Maria Carpi, pubblicata da Marcos y Marcos nel 2020.
La poesia che presentiamo oggi è, invece, tratta dalla raccolta Quando avrò tempo, pubblicata nel 2013 da Transeuropa. L’ascolto è accompagnato dal video curato da Debora Menichetti.
Serena Betti
Foto in alto: Anna Maria Carpi – Treccani
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È da un suono remoto
dalla casa, dalla stanza in fondo,
o è un mio tremito interno
o è quel giovane ailanto
che s’agita là fuori, all’imbocco del parco,
il selvatico che alligna dappertutto
senza riguardi.
Di dove viene che non la vedo,
questa speranza
io non so in che cosa,
questa gioia improvvisa
fuori del cuore,
quest’aliena che canta
la sua infinita ragione d’esistere?