“Un libro e …” – Viriditas. Le donne della botanica di Erice e Mijangos

Viriditas
Donne e piante: un legame attraente che affonda le radici sia nella storia che nella simbologia e si evolve in modi affascinanti.

La mia proposta per questo venerdì è Viriditas. Le donne della botanica scritto da Aina S. Erice e illustrato da Amanda Mijangos. Pubblicato da Aboca nel 2024, racconta di sedici donne che hanno legato in modo invisibile la loro vita a quella delle piante. Storie avvenute anche secoli fa, in luoghi lontani, ma che mettono in luce le difficili sfide a cui sono andate incontro queste donne per ampliare la nostra comprensione del regno vegetale.

Si tratta di ritratti di figure molto diverse tra loro per origine, estrazione sociale e stile di vita ma tutte eccezionalmente tenaci e appassionate. Sono riuscite, infatti, a superare ostacoli sociali e culturali per farsi strada nel campo della botanica, un settore che storicamente ha visto una predominanza maschile.

Come ci tiene a precisare l’autrice nelle ultime pagine di Viridatas, la straordinarietà di queste donne non le indica per forza come brave persone. Sono infatti tutte figlie della loro epoca, dove ciò che per noi è ovvio lì non lo era. Alcune si sono incontrate e invece di supportarsi si sono criticate. Altre hanno mostrato idee discutibili, ma tutto ciò non sminuisce il fatto che, spesso in modo invisibile, abbiano giocato un ruolo cruciale nell’evoluzione della conoscenza botanica.

Fra le storie che hanno destato maggiormente il mio interesse c’è sicuramente quella dedicata a Tu Youyou, una delle poche ancora in vita e prima persona di nazionalità cinese ad aver vinto il Nobel per la medicina nel 2015. La sua scoperta ha portato alla luce il segreto per sconfiggere la malaria, nascosto nella pianta dell’artemisia.

ViriditasMi ha affascinato la vita di Jeanne Baret, che girò il mondo imbarcata come aiutante del marito, naturalista di bordo. All’epoca la Marina Reale francese vietava la presenza di donne a bordo, per questo si travestì da ragazzo. Insieme andarono a caccia di piante interessanti e sconosciute, ne classificarono molte mai viste nel mondo occidentale. Tra queste la bougainvillea, con i suoi colori vivaci e i “fiori di carta” e che prende il nome proprio dal capitano della spedizione di cui Baret faceva parte.

Una curiosità: Viriditas, il titolo del libro, arriva da una delle prime protagoniste che incontriamo: Ildegarda di Bingen. Mistica vissuta mille anni fa, affamata di conoscenza, ci ha lasciato molti libri nei quali lega le piante a ipotetiche capacità curative. Inventò, addirittura, una lingua tutta sua chiamata “Ignota Lingua”. «Per Ildegarda esisteva una sorta di forza divina che riempie l’universo di vita e di energia positiva: tutto quello che tocca torna nuovo, giovane, come i germogli d’erba a primavera. Probabilmente dovevano piacerle molto le piante, se denomino questa forza viriditas, che in latino significa “verde intenso, vigore, freschezza”, ma in quanto derivato di viridis indica anche il colore verde!»

L’approccio delle due autrici di Viriditas è al tempo stesso storico e culturale ed è molto interessante perché riescono a intrecciare il racconto biografico con il contesto storico e sociale, evidenziando come la botanica e la scienza in generale siano state influenzate dalle barriere di genere. Il linguaggio utilizzato da Erice è semplice, ma allo stesso tempo ricco di dettagli e informazioni che arricchiscono la narrazione. La lettura è fluida, anche grazie alla struttura ben organizzata che consente di esplorare le vite e le opere di ciascuna protagonista in modo chiaro e completo. Le illustrazioni di Mijangos arricchiscono l’opera, danno un volto a queste donne e ci mostrano le piante che hanno le loro vite.

In accoppiata con Viriditas di Aina S. Erice e Amanda Mijangos non vi propongo un film, né una serie tv o un podcast…ma vi parlerò di una persona alla quale voglio bene e che, grazie al suo lavoro, ha intrecciato anche lei la sua storia a quella delle piante e dei fiori. Si tratta di Sara Miriati, talentuosa tatuatrice che esercita presso lo studio Black Moon di Prato.

Fin da bambina, Sara si appassiona alla natura in tutte le sue sfumature. Attenta anche ai più piccoli dettagli, alle forme e alle diverse texture che costruiscono un equilibrio armonioso attorno a noi. Crescendo, questa sua passione si trasferisce nel disegno, sperimentando su superfici diverse: dalla carta alla stoffa, alle pareti della sua stanza. Continua a sperimentare e prende coscienza che quella sarà la sua strada. Osservando la pelle tatuata di suo fratello maggiore, in lei si accende una scintilla.

Imprimere, per sempre, sulla pelle tutto ciò che arriva dal mondo botanico stimola molto la sua creatività. Si offre con dedizione a coloro che si affidano a lei. Attenta e generosa, personalizza ogni progetto sulle esigenze e sulla storia altrui. Vederla all’opera è sorprendente… se visitate la sua pagina Instagram capirete subito cosa intendo. Mai avrei pensato di dire che farsi un tatuaggio possa essere rilassante, ma ho così tanta fiducia nelle mani di Sara Miriati che potrei addormentarmi e lasciarla lavorare nella consapevolezza di essere completamente soddisfatta del risultato finale!

Sara Simoni

Foto in alto: fotografia di Sara Miriati

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