Scrittrice, documentarista, produttrice cinematografica e attrice la poeta conobbe Bernardo Bertolucci e gli affidò un appello.
In quest’ultimo appuntamento scopriamo un altro lato artistico di Forough Farrokhzad che nel 1963 ha girato il suo primo film. La casa è nera, restaurato dalla Fondazione Cineteca di Bologna e passato nel 2019 alla Biennale del cinema di Venezia, è ambientato a Tabriz in un lebbrosario.
Bernardo Bertolucci, che aveva già realizzato il suo primo film, dopo aver visto l’opera della Farrokhzad decide di incontrarla per girare un documentario sulla sua vita.
Cettina Caliò scrive sul Foglio:« A Pesaro, nel 1966, ha conosciuto Bernardo Bertolucci che realizzò un documentario su uno dei loro incontri. La conversazione fra i due – in francese e persiano – verteva sul rapporto fra gli intellettuali persiani e il popolo, sulla situazione socio-politica dell’Iran alla fine degli anni Sessanta e sul documentario della Farrokhzad, “La casa è nera”, del 1962, un viaggio nella sofferenza, uno sguardo lucido su ciò che è difficile guardare, un pluripremiato capolavoro divenuto fonte di ispirazione stilistica per molti cineasti, in cui la tragica emarginazione dei lebbrosi a Tabriz diventa metafora della miseria della condizione umana e della ghettizzazione che, in un modo o nell’altro, ci include sempre tutti […]
A Bertolucci, la Farrokhzad affida un appello in favore di un gruppo di persone accusate di volere attentare alla vita di Mohammad Reza Pahlavi, l’ultimo scià di Persia. La poetessa aveva 18 anni quando quest’ultimo aveva assunto il controllo assoluto dello stato. La diffusione della notizia, che si trattava di persone condannate a morte per ragioni politiche, fece parecchio scalpore nell’opinione pubblica fuori dai confini dello stato, e quella condanna fu commutata in ergastolo. La poesia sa fare anche questo: resiste e lotta senza averne l’aria, dice abissi, mostra orizzonti larghi e scrolla animi, pur nella fragile brevità dell’essere […] È una persona che non si arrende allo stato delle cose, tenta di fare la sua parte: nel 1963 nasconde in casa un attivista ricercato e difende gli studenti universitari durante gli scontri con la polizia. È tratta in arresto, e stando alle testimonianze, sviene perché le viene sbattuta la testa contro un muro.»
Anche la poesia di oggi, Abbiate pietà di lei, è tratta dalla raccolta Una rinascita e si trova in Io parlo dai confini della notte pubblicato da Bompiani. I versi potenti di Abbiate pietà di lei sono molto significativi e drammaticamente attuali. L’ascolto è accompagnato dall’elaborazione video curata da Debora Menichetti.
Serena Betti
Foto in alto: Forough Farrokhzad – Interno Poesia
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Abbiate pietà di lei
Abbiate pietà di lei
che a volte dimentica
il legame doloroso tra la sua esistenza
e le acque stagnanti, le fosse svuotate,
per poi credere
– ingenuamente credere –
che anche lei merita di vivere.
Abbiate pietà di lei,
della rabbia indifferente di un’immagine
che negli occhi di carta
scioglie il desiderio lontano di uno slancio.
Abbiate pietà di lei
del suo sudario attraversato per intero
dalla corrente rossa della luna,
le fragranze riverse della notte
giungono a turbare
il sonno millenario del suo corpo.
Abbiate pietà di lei
che dentro di sé si disfa
mentre la pelle dei suoi occhi brucia ancora
immaginando i raggi della luce
e i suoi capelli vani
tremano disperati, penetrati dall’alito d’amore.
Ascoltate, abitanti della terra semplice della gioia,
compagni delle finestre aperte nella pioggia:
abbiate pietà di lei
abbiatene pietà
perché una magia la tiene prigioniera,
perché le radici delle vostre vite fruttuose
affondano nei terreni della sua malinconia
e con gli affondi lancinanti dell’angoscia
dilatano il suo cuore ingenuo
in un angolo del petto.