Pillole di femminile – Storie piccole che raccontano un mondo grande #137

Francesca Marini - Pillole di femminile
Con grande piacere pubblichiamo Sorelle, racconto con il quale Francesca Marini ha partecipato alla nostra prima call del 2025 che ha come tema “Abbagli”.

Pillole di femminile, la rubrica per riflettere su alcuni piccoli grandi temi legati alla vita di tutti i giorni. Partecipa alla call “Abbagli”, invia il tuo racconto inedito entro il 30 aprile 2025.

SORELLE di Francesca Marini

La voce di mia sorella mi accoglie al rientro a casa. Sono davvero stanca ma tornare e trovare lei nel mio appartamento mi rimette in forze.

«Eccoti qua! Sempre più tardi, per fortuna è venerdì! Ti fanno proprio sgobbare, eh?»

«Sì, ma sono anche io che cerco di fare gli straordinari, ho ancora un bel debito da ripagare.»

«Già, mi dispiace che debba lavorare così tanto a causa mia.»

La sua empatia mi commuove, ma prima di dire qualcosa di melenso inizio a muovermi per casa. Sistemo scarpe, giacca, borsa, lego i capelli con un elastico e mi avvio verso il bagno.

«Che facciamo stasera? Serie su Netflix? Ne è appena uscita una che mi ispira.»

Devo dirglielo, spero che non ci resti male. «In realtà ho accettato l’invito di Davide ad andare a cena insieme, spero non ti dispiaccia, o vuoi che disdica?»

«Macché! È una bellissima notizia! Secondo te mi dispiace? Che sorella maggiore credi che sia? Da quant’è che non esci con qualcuno?»

«Non farmici pensare, non so neanch’io perché gli ho detto di sì, non sono mica convinta che mi piaccia davvero, forse non è una buona idea…»

«È un’ottima idea invece, non puoi fare vita monacale! Parlami un po’ di lui, piuttosto. È quel tuo collega intelligente, vero?»

«Sì, è lui. È davvero intelligente, i suoi interventi sono sempre perfetti. È che ha quest’aria zen, come se le vicende terrene lo sfiorassero appena, non credo che abbiamo molto in comune, ma ha insistito e mi sono ritrovata a non avere motivi per dirgli di no, se capisci cosa intendo.»

«Ma fisicamente ti piace?.»

«Beh, sì, è un bel ragazzo. La parte di lui che mi ha colpito di più sono gli occhi. Sono verdi come i tuoi.»

«Sai che siamo solo il 2% della popolazione mondiale ad avere gli occhi verdi? E secondo le statistiche siamo persone indipendenti, imprevedibili e che si arrabbiano raramente.»

Ancora mi stupisco di quanto Veronica sia affascinata dalle statistiche, è sempre stata curiosa, fin da piccola, e la sua è per forza un’intelligenza logico-matematica.

«Secondo me quest’uomo è un figo. Forza, vai a prepararti! Mettiti il vestito blu, ti dona.»

Mentre mi preparo telefona mia madre. Decido di non rispondere, sono troppo di fretta, le scrivo un messaggio in cui prometto di chiamarla domani.

«Prima o poi dovrai dirle che sono qua.» Veronica è contrariata. Non voglio ferirla e cerco di sviare. «È che sono agitata per questo appuntamento, guarda come è tardi.»

La fortuna mi assiste e arriva un messaggio di Davide. È arrivato sotto casa.

«Vado, non aspettarmi alzata.»

«Seee, come no? Ti pare che mi perdo il resoconto? Divertiti!»

E ride, con la sua risata birichina, la stessa di quando eravamo bambine e che mi fa uscire con un sorriso in faccia e un nuovo struggimento nel petto.

Davide mi aspetta appoggiato a una moto. «Ciao, Denise!»

Mi irrigidisco. Dopo l’incidente di Veronica ho giurato di non salire più su un mezzo a due ruote.

«Ciao, senti io però su quella non ci salgo.»

«Tranquilla, andiamo a piedi. Ho prenotato in una trattoria qui vicino che ha aperto da poco.»

Camminiamo fianco a fianco, la serata è piacevole, ormai è primavera. Davide emana un profumo di buono e trasmette un senso di serenità. Stargli accanto è riposante, sento che potrei abbassare le difese per una volta.

Il locale è piccolo e accogliente, ci sono poche persone e l’atmosfera è rilassata.

È un conversatore brillante. Io sono disabituata a parlare di me, così lascio che sia lui a raccontare. Mi parla con naturalezza di sé: i suoi si sono separati quando era piccolo, adesso la madre è sposata con un giapponese mentre suo fratello lavora su una piattaforma petrolifera al largo della Norvegia. Sono molto legati e si sentono quotidianamente su Teams. Quando parla del loro rapporto penso a me e Veronica, e sono felice della scelta che ho fatto. Probabilmente Davide capirebbe. Mi piace stare a tavola con lui e ascoltarlo, mi sento bene. Non ricordo l’ultima volta che ho passato una serata così. Mi lascio cullare dalla sua voce, la mente allietata anche da un bicchiere di Chianti.

Quando abbiamo appena pagato e stiamo per andare via, dal piccolo televisore dietro la cassa appare un’edizione straordinaria del tg. L’oste alza il volume e altri avventori si avvicinano per vedere.

HumanAi ha reso pubblica la sua creazione. In borsa è il delirio, mentre svariati governi minacciano di voler far chiudere l’azienda. Il nostro presidente del consiglio parla «dell’incubo di Frankenstein divenuto realtà» mentre l’amministratore delegato appare serafico in un videomessaggio in cui ringrazia i coraggiosi volontari (qualche centinaio in tutto il mondo, selezionati secondo rigorosi criteri) che hanno permesso la realizzazione di questo miracolo. Ci tiene a precisare che il costo è stato per loro paragonabile all’acquisto di un appartamento in una zona centrale di una capitale europea. Per molti ma non per tutti, come diceva una vecchia pubblicità.

Non mi aspettavo che la notizia uscisse così presto, mi prende un senso di euforia e abbraccio Davide, che è concentrato sul tg come tutti.

«Denise, hai sentito? Ma sarà vero?»

«Vieni con me.»

Lo strascino fuori dal locale, è spaesato. Nell’aria si percepisce elettricità. In tutte le case i televisori sono sintonizzati sul tg.

«Che ti prende? Potevamo finire di sentire….» Ma si lascia guidare per mano, come un bambino. Ha intuito che si tratta di qualcosa di importante. Arriviamo al portone e saliamo in ascensore. Sono emozionata.

«Adesso vedrai!»

Apro la porta, l’appartamento è al buio. Accendo qualche luce, appoggio la borsa sul comò all’ingresso, accanto alla cornice con la foto di me e Veronica. Io ho tredici anni e lei quindici, sorridiamo felici e bellissime nella nostra ultima estate. Prima di quel maledetto incidente.

C’è silenzio, forse Veronica riposa.

«Vero ci sei? Ti voglio presentare una persona.»

Sono curiosa di vedere come reagirà Davide.

Veronica appare sorridendo.

«Tu devi essere Davide, io sono Veronica. Molto piacere.» Gli porge la mano.

Lui è paralizzato dallo stupore e non riesce a ricambiare. Se lo facesse e la stringesse noterebbe quanto è liscia la pelle, ha perfino le mie stesse efelidi, del resto è stata realizzata coltivando in laboratorio cellule della mia epidermide. Non c’è che dire: sulla pelle gli scienziati si sono superati. Ci tenevano molto perché serviva per restituire subito un’immagine il più possibile «umana». C’è una parte del mio DNA in lei, oltre a tutti i ricordi di Veronica che io ho fornito e che sono stati riversati nei suoi chip, ha perfino la sua voce, invecchiata a partire da quella originale estratta dai video di famiglia. Al diavolo tutto il dolore, la solitudine, gli anni di inutile psicoterapia sull’accettazione del lutto e sull’andare avanti, gli sproloqui su Frankenstein e il delirio della tecnologia che si vuole sostituire a Dio, al diavolo tutto questo. HumanAi mi ha restituito mia sorella.

Francesca Marini

In alto: elaborazione grafica di Erna Corsi

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Francesca Marini
Francesca Marini

Francesca Marini è nata 44 anni fa a Livorno. Ha una figlia di nome Adele, due gatte, due pesci rossi non si sa se maschi o femmine. Lettrice compulsiva fin dall’infanzia, ha sviluppato una dipendenza da romanzi gialli per la quale non vuole curarsi e da un po’ ha iniziato a scrivere racconti.

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