In questo romanzo Michela Marzano si pone una domanda importante per tutte noi: «Ma come fanno le altre a farsi sempre rispettare?»
Il nuovo libro di Michela Marzano avanza spedito già dal titolo: Sto ancora aspettando che qualcuno mi chieda scusa (Rizzoli, 2023). È un romanzo che sconfina nella saggistica, senza però mai perdere il filo della narrazione. È la storia di Anna, che può assomigliare a quella di molte di noi, fra avventure occasionali, amori finiti ed esperienze negative. La sua vita professionale la porta ad approfondire un tema cruciale nell’era del #metoo: il consenso.
«Accettare significa aderire. Bene, ma se invece di accettare io permetto, di che sorta di adesione si tratta? Aderisco oppure sopporto? E se sopporto acconsento oppure cedo? E se cedo, che tipo di consenso è mai questo?»
Consentire significa cedere? E se cediamo è perché siamo condizionate da rapporti di potere e di dominio anche nella sfera sessuale? Forse è necessario porsi queste domande, senza mettere in discussione la nostra capacità di discernimento.
«Diversamente dai sopravvissuti alle guerre o ai terremoti che vivono in un comune mondo andato in frantumi, le vittime di stupro si trovano davanti alla distruzione cataclismatica solo del loro mondo, circondate da persone per le quali è difficile capire che cosa ci sia di tanto angoscioso.»
Malgrado il #metoo e la maggiore attenzione per le vittime da parte delle istituzioni, una vittima di stupro viene ancora messa in discussione. Viene chiesto a lei, prima che al suo aggressore, di provare la sua innocenza. Deve sopportare gli sguardi dubbiosi e affrontare da sola la difficoltà del processo, perché nessuno comprende la portata di quanto le è successo. Un rapporto sessuale senza consenso è stupro, e fin qui non ci sono possibilità di interpretazione. Ma Anna, dialogando con i suoi studenti, va oltre questa affermazione chiedendosi che cosa sia il consenso e come è possibile che ci possa essere un errore nella comunicazione. Quanto deve essere secco un NO per essere efficace? Quanto può essere folle prevedere la firma di un consenso informato prima di un rapporto sessuale, per tutelare entrambe le parti? E se poi uno dei due cambia idea dopo la firma?
Marzano cita Hannah Arendt riguardo all’irreversibilità delle azioni e delle conseguenze che ne derivano: perdonando ci si sottrae alla ferocia della causalità. Ma quanto ci costa farlo davvero?
«Dicono: ti rendi conto che è folle voler sedurre e poi pretendere che il maschio non ci caschi con la scusa che non lo si sta seducendo? Dicono: a che gioco stai giocando? Desidero che mi desideri ma poi desidero che tu smetta di desiderarmi. Dicono: di chi è la colpa? Mia che mi eccito o tua che ti vesti da mignotta?»
Come spesso accade la soluzione più semplice è sempre la migliore. Per ottenere una risposta efficace è sufficiente invertire i ruoli e stare a vedere che cosa succede. Anna, la protagonista del romanzo, racconta di come in metropolitana avesse adocchiato un ragazzo molto carino e, per far passare il tempo, avesse iniziato a fantasticare su come sarebbe stato fare l’amore con lui. Ma la cosa fondamentale è che non si sarebbe mai sognata di importunarlo: perché invece un uomo si stente autorizzato a farlo o addirittura ad allungare le mani?
«A partire dal momento in cui si pensa che ci sia una responsabilità femminile e che sia la donna che istighi o comunque solleciti cattivi pensieri, poi si arriva a giustificare ogni atteggiamento maschile e maschilista. Dietro c’è sempre lo stesso presupposto: il desiderio di un uomo, a differenza di quello femminile, non si controlla.»
E ci risiamo, si torna sempre al punto di partenza, quello che tanto viene contestato alle donne che osano lamentarsi. Ma forse è proprio perché deve smettere di essere un punto di partenza è necessario smontare questo pensiero alla base, per evitare che ci sia chi ritiene di potersi arrogare diritti sul corpo altrui e chi, invece, possa dubitare di averne sul proprio.
Una delle conclusioni fondamentali di Anna è che la supremazia maschile è la conseguenza del sessismo e non certo della presunta superiorità maschile.
«Ma quand’è esattamente che l’altro smette di ascoltare? Provo a mettermi dall’altra parte, dalla parte di Pierfrancesco, dalla parte di Daniele, dalla parte di Federico. Provo. Cosa avrei fatto io se l’altra persona mi avesse detto “No”? Oppure “Aspetta”, oppure “Non ora”? Immagino la scena e subito penso: “Scusa”. Avrei chiesto scusa per non essere stata capace di capire che stavo andando oltre, troppo veloce, troppo lontano.»
Allora, forse, è davvero ora di chiedere scusa.
Erna Corsi
Foto in alto: Michela Marzano, gestalt.it
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